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“Shout”, ad agosto 1985 l’urlo dei Tears For Fears arriva alla vetta della Hot 100

Dopo molti mesi dalla pubblicazione come singolo, nell’estate del 1985 il singolo del duo si prese la prima posizione della Hot 100: sarebbe diventato un classico del pop anni ’80. Ecco la sua storia

Autore Tommaso Toma
  • Il21 Agosto 2020
“Shout”, ad agosto 1985 l’urlo dei Tears For Fears arriva alla vetta della Hot 100

Shout, shout, let it all out!”. Tutti gli amanti del pop degli anni ’80 (e non solo) conoscono il classico dei Tears For Fears, che dopo parecchi mesi dalla sua pubblicazione finalmente si prese la vetta della Billboard Hot 100 a inizio agosto del 1985. Siamo al culmine della famigerata Second British Invasion. Un termine bellico per ricordare quella che fu – dopo i successi degli anni ’60 – la fortuna che ebbero moltissimi artisti inglesi negli States.

L’inizio di tutto fu nel luglio del 1982. Don’t You Want Me Baby dei The Human League da Sheffield stazionò per tre settimane alla prima posizione della Billboard Hot 100. Poi sarebbero arrivati Soft Cell, Wham!, A Flock of Seagulls, M, Duran Duran, Billy Idol, Simple Minds, Robert Palmer, Bananarama… Senza prendere in considerazione gli artisti rock britannici che già avevano riscosso successo nel decennio precedente. E che beneficiarono di questa “seconda onda” seguendo il flusso e ritornando ai vertici delle classifiche di Billboard.

I Tears For Fears sono dei diretti discendenti della scena post punk / new wave. Il riccioluto e possente Roland Orzabal e l’angloamericano Curt Smith avevano beneficiato degli influssi di quel mondo sonoro con il loro album di debutto The Hurting del 1983. Conteneva già tre tracce assolutamente iconiche: Change, Mad World e Pale Shelter. L’album andò benissimo in tutta Europa e in Italia furono amati sin dai primi singoli, anche grazie alla spinta massiccia di Deejay Television che “pompava” nelle sue rotazioni video le band della Second British Invasion.

Tuttavia all’epoca l’élite della critica musicale inglese non vide mai con benevolenza il duo. Celebre l’affermazione di Paul Morley, che nel 1984 scrisse: “Una chiave inglese è intrinsecamente più interessante del cantante dei Tears For Fears”. Forse Morley aveva percepito anche il cambiamento stilistico e compositivo della band che con il secondo album Songs from the Big Chair si allontanò dai canoni della new wave per avvicinarsi a un adult pop estremamente sofisticato e arrangiato magnificamente.

La cosa curiosa fu che il cambiamento avvenne sotto la regia dello stesso produttore Chris Hughes, ma dobbiamo ricordare l’ossessione per gli arrangiamenti di Orzabal che vedeva per esempio in Andy Patridge degli XTC un modello da seguire (avendo peraltro in comune un amore sconsiderato per i Beatles dell’ultimo periodo).

Shout fu il primo singolo dell’album a uscire. La sua carta vincente era quella sua semplicità compositiva (Orzabal confidò che scrisse la canzone in casa con un piccolo synth e una drum machine) ma possedeva un potere “mantrico” tale da affascinare milioni di persone. Shout non raggiunse subito la vetta della Hot 100. Infatti il 7″ e il 12″ (esiste anche una versione in 10″) uscirono ufficialmente il 19 novembre del 1984. Solo il 3 agosto dell’anno successivo si prese la vetta della Hot 100 per poi stazionarci per tre settimane consecutive. Andò molto bene anche il secondo singolo, la ben più ariosa Everybody Wants to Rule the World. Ma questa è un’altra storia.

Guarda il video di Shout dei Tears For Fears

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