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Con “Notes on a Conditional Form” i The 1975 ci fanno sbirciare nelle nostalgie degli altri

Il nuovo lavoro in studio della band di Matty Healy è un’opera cromaticamente composita ma anche di eccezionale immediatezza e accessibilità

Autore Federico Durante
  • Il24 Maggio 2020
Con “Notes on a Conditional Form” i The 1975 ci fanno sbirciare nelle nostalgie degli altri

A giudicare dalla qualità dei singoli pubblicati nel corso degli ultimi mesi, le premesse per aspettarsi un album di grande pop d’autore c’erano tutte. Ma con Notes on a Conditional Form (Dirty Hit / Universal Music), uscito venerdì 22 maggio, il balzo dei The 1975 è riuscito ad atterrare morbido a un livello superiore. Il nuovo lavoro in studio della band di Matty Healy è un’opera cromaticamente composita ma anche di eccezionale immediatezza e accessibilità. Ha il respiro “universalistico” e creativo del romanzo. E con il suo pastiche di temi e suoni riesce a raccontare bene il disorientamento di questo bizzarro risvolto della storia contemporanea che è l’anno 2020.

L’animo “emo” di Notes on a Conditional Form

La prima cosa che colpisce della monumentale tracklist (22 brani per un’ora e venti minuti di ascolto) è la straordinaria complessità del suo spettro sonoro. Tanto per non andare troppo lontano, solo nelle prime quattro tracce si passa da un brano spoken all’hardcore punk al sinfonico-strumentale al techno-pop. Siamo nel pieno della complicazione della musica post-genere.

La traccia iniziale, come di consueto intitolata The 1975, coinvolge non a caso un’icona dell’attivismo contemporaneo: Greta Thunberg, che scandisce un discorso simile a quello pronunciato nel gennaio 2019 al World Economic Forum a Davos. La successiva People è l’unico momento strettamente rock dell’album, che l’altrimenti delicato Healy ci consegna con autentica furia hardcore e industrial. The End (Music for Cars) esplicita il “concept” della “musica per automobili” (con cui la band intende legare quest’album al precedente, in una sorta di ciclo) e consente di riprendere il fiato. Con Frail State of Mind finalmente si approda a quello che sarà – con largo margine di approssimazione, viste le tante ramificazioni – il tono dominante dell’album. Ossia quello di un pop intimista, magnificamente prodotto, che ci lascia sbirciare nelle nostalgie altrui attraverso impressionistiche pennellate di ricordi e frammenti dell’animo.

In quest’ottica si può forse comprendere un commento all’apparenza enigmatico rilasciato da Healy durante un AMA (“ask me anything”) su Reddit lo scorso anno. Alla domanda di un fan che chiedeva se si sarebbe trattato di un disco emo, lui rispose: “In un certo senso, sì”. Per poi approfondire il concetto in un’intervista con NME: “Mi considero un emo. Quando le band raggiungono palchi come quelli su cui suoniamo noi vogliono fare il salto e diventare grossi gruppi rock. Al contrario, noi vogliamo diventare una piccola band emo”. Abbiamo una pista da seguire.

Le mille ramificazioni di un pop d’autore

Notes on a Conditional Form sembra volerci consegnare un’antologia di sonorità pop di qualità dagli anni ’80 ai Duemila, rispettose dei modelli eppure fresche nell’approccio. Proviamo a percorrerne alcuni filoni in senso cronologico. Il punto di partenza è così evidente da sembrare quasi ovvio, ed è quello del grande pop in stile Eighties con filiazione diretta da Phil Collins e Tears for Fears. Il perfetto singolo If You’re Too Shy (Let Me Know) è l’esempio più cristallino di ciò.

Spostando avanti di poco le lancette della memoria storica della musica incontriamo la stagione dream pop. Siamo nei tardi anni ’80, primi ’90, ed è a quel mondo che si rifà un brano come Then Because She Goes, con i suoi riverberi e le chitarre fortemente effettate. Andiamo ancora più avanti, a metà e tardi anni ’90. Gli spunti neo soul e R&B di quel periodo si avvertono chiaramente in brani come Nothing Revealed / Everything Denied e Tonight (I Wish I Was Your Boy).

Con un sicuro effetto di instant nostalgia per i millennials, gli anni Duemila si manifestano nel pop à la The Fray di Me & You Together Song e di brani dal sapore acustico come Jesus Christ 2005 God Bless America e The Birthday Party. Le ispirazioni anni ’10, invece, vedono i The 1975 flirtare con l’indietronica (Yeah I Know, I Think There’s Something You Should Know, Having No Head) e con l’indie pop (Guys). Siamo arrivati praticamente ai giorni nostri.

Notes on a Conditional Form è un’opera pienamente matura che ha il pregio di poter comunicare con due o tre generazioni diverse di amanti della pop music senza dovere per questo cambiare pelle. A un primo ascolto il suo manierismo può sconcertare, certo, ma ogni canzone, tema, idea musicale, suono, trova senso in un tutt’uno organico in cui pare difficile pensare di togliere o aggiungere qualcosa. I The 1975 hanno trovato un fortunato equilibrio fra revival e contemporaneo.

Ascolta Notes on a Conditional Form dei The 1975 in streaming

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