Rock

Tanti auguri Depeche Mode per i 30 anni di “Violator”

Uno degli album cult degli anni Novanta e dell’intera discografia dei Depeche Mode compie gli anni. Dalla grafica alla registrazione, perché è fondamentale

Autore Tommaso Toma
  • Il19 Marzo 2020
Tanti auguri Depeche Mode per i 30 anni di “Violator”

Dave Gahan dei Depeche Mode, foto di Stefano Masselli

Il 19 marzo del 1990 Violator dei Depeche Mode comparve negli scaffali dei negozi di dischi e si presentò con un magnifico artwork. Una rosa rossa fotografata da Anton Corbijn ed elaborata graficamente dal giovane duo di grafici Area. Intervistando anni fa Richard Smith degli Area mi confidò che la copertina di Violator dei Depeche Mode era profondamente influenzata dal lavoro del grande Peter Saville per Unknown Pleasure dei Joy Division.

In effetti l’elegante semplicità grafica di tutto il lavoro per Violator e dei singoli a corredo era proprio quella di Saville. La band si stava lasciando alle spalle definitivamente gli anni ’80 e il gruppo di Basildon li aveva salutati oramai tre anni prima con il magnifico Music for the Masses che conteneva gli ultimi eccelsi manierismi new wave: StrangeloveBehind The Wheel su tutte.

These boots are made for…

Con Violator cambiano anche le modalità di lavoro. Non è solo un dialogo stretto tra Martin Gore e Dave Gahan. L’arrivo del produttore Mark “Flood” Ellis porta nuove idee ed entra in gioco anche una chitarra con l’effetto twang nel singolo Personal Jesus. Una sorta di lasciapassare per le vette delle chart di Billboard USA, che arriva alla #28 della Hot 100. Ma è con la meravigliosa Enjoy The Silence (mesi fa vi abbiamo raccontato il making of del celeberrimo videoclip con il suo regista/fotografo Anton Corbijn) che i “ragazzi” di Basildon toccano la top ten.

Le registrazioni a Milano

Molti di voi sanno che Violator è stato registrato in parte negli iconici Logic Studio di Milano dei fratelli La Bionda che aprirono nel pieno periodo della Milano da bere. Era il 1985, uno studio elegantissimo in zona Mecenate con 64 canali e disegnato dalla Munro Acoustic, ovvero il meglio nel settore. E in questo contesto Flood diede il massimo per creare dei nuovi suoni per rendere il sound dei Depeche nuovo e fresco.

In parte possiamo dire che con Violator inizia anche il periodo dei “campionamenti sonori” nella storia del rock pop. Uno dei celebri aneddoti raccontati da Carmelo La Bionda sul making of del singolo Personal Jesus è proprio un campionamento di pesanti passi con degli stivali fatti su una rampa di scale vicino agli studi che poi Alean Moulder e Flood hanno trasformato nel sound percussivo di cui vive il brano.

L’attrazione per la scena techno e dance

Come ricorda Daniel Miller nelle note di copertina delle ristampe del disco degli anni Zero, i Depeche Mode erano una band elettronica che aveva voglia di usare le chitarre e non il contrario. Martin Gore ha sempre avuto una buona collezione di chitarre vintage ed era venuto il momento di suonarle più spesso.

Ma soprattutto i Depeche erano consapevoli che quando si misero al lavoro per Violator (nel 1989: eravamo nel pieno dell’esplosione della scena dance e techno), i rave party imperavano in UK ed era inevitabile per una band che ha sempre flirtato con il dancefloor e i synth che tutto quello che accadeva intorno a loro non poteva essere ignorato. È proprio per questo motivo che i campionamenti citati prima fossero una sorte di trait d’union con quelle metodologie che utlizzavano i DJ/producer di Berlino, Detroit e Londra.

Non a caso scelsero di far mixare il disco, una volta finalizzato da un DJ, a François Kevorkian che aveva qualche tempo prima lavorato con i maestri dei Depeche Mode: i Kraftwerk, per il disco Electric Cafe. Martin, Dave, Andy e Alan erano rimasti impressionati dai remix che nei primi anni ’80 aveva fatto Kevorkian per dei compagni di scuderia, gli Yazoo, proprio dell’ex Vince Clarke.

L’apoteosi

Era chiaro a tutti negli studi di Milano, del nord della Danimarca o di Londra nel quartier generale della Mute, che i Depeche Mode con Violator avrebbero definitivamente assunto lo status di star negli USA. Lo si era intuito già il 18 giugno del 1988, il giorno di quel magnifico concerto al Pasadena Rose Bowl che vide 70.000 persone cantare in coro I Just Can’t Get Enough.

Lo Zeitgeist dunque nel 1990 venne perfettamente colto: elettronica, rock, testi lascivi e i tre singoli che sarebbero rimasti nelle scalette dei loro live per decenni. Il giorno del primo firmacopie a Los Angeles si presentarono 17.000 persone e ci volle l’utilizzo di alcuni elicotteri e di 200 poliziotti per sparigliare il caos che si era creato. Per fortuna nessuno si fece male ma questo evento fece capire che stava arrivando il punto di non ritorno. Nulla sarebbe più stato facile da ora in poi.

Per la cronaca il World Violation Tour esordì proprio a L.A. nello stadio dei Dodgers con supporter gli Electronic di Johnny Marr e Bernard Sumner. Direi un bel simposio di icone della musica UK. Si dovranno aspettare gli Oasis per ritrovare tanto entusiasmo per un gruppo anglossassone nella West Coast…

E adesso arriva il turno dell’edizione The 12” Singles

A corredo di questo importante anniversario dobbiamo ricordare che la Sony Music ha annunciato il nuovo capitolo per la serie The 12” Singles dedicato proprio a Violator con tutti i 10 mix originali (con qualità audiophile e l’audio masterizzato a partire dai nastri originali). 

Ci sono le versioni in edizione originale di ogni singolo, incluso il vinile colorato di Enjoy The Silence, l’edizione di colore blu di World in My Eyes e un promo 12″ di World In My Eyes. In aggiunta, un bellissimo poster e il download code. Ma inutile spendere altre parole perché come dice il famoso refrain di Enjoy The Silence: “words are very unnecessary / they can only do harm”.

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PAOLOOO