Rock

Abbiamo incontrato Durand Jones & The Indications

Quando la musica non ha tempo. Il nuovo album di Durand Jones & the Indications è il degno erede degli album che pubblicavano un tempo la Stax e la Motown

Autore Tommaso Toma
  • Il13 Marzo 2019
Abbiamo incontrato Durand Jones & The Indications

Rosie Cohe

Arrivano dall’Indiana – non esattamente la patria del soul ma questo è un puro dettaglio – e Durand Jones con i suoi accoliti avevano già impressionato anche i puristi del r&b/soul con il loro omonimo album di debutto datato 2016. Adesso confermano la loro solidità e credibilità compositiva (anzi i tocchi orchestrali, come nella elegante Walk Awaye Circles, amplificano l’anima soul della band).

Il nuovo American Love Call (Colemine/Dead Ocean), appena uscito, è stato registrato durante l’estate del 2018 presso lo Studio G di Brooklyn di New York, fondendo in tutte le tracce manciate abbondanti di soul e r&b, ma anche di gospel, folk rock e un pizzico di musica classica. La parola passa a tre componenti della band, il leader Durand Jones, Aaron Frazer (batteria e voce) e Blake Rhein (chitarra).

Siete tra i rappresentanti più credibili e capaci di questo incredibile revival del sound più classico del r&b e del soul. Cosa ne pensate di questa onda?

(Durand Jones) Io non classificherei così nettamente i generi musicali. Più che contemporanea o retrò le persone sono alle ricerca di musica “senza tempo”. Molti dei classici della musica soul sono rimasti per decenni nelle nostre orecchie e continuano a far gioire persone giovani e più anziane, di qualunque razza o estrazione sociale. E per questo motivo tu potresti biasimare una giovane band che sta cercando di ricreare quei magici ingredienti? Anzi penso che non ci sia abbastanza gente in circolazione che faccia questo!

Dal mio punto di vista hai ragione! Ma dicci almeno un artista che ricrea autenticamente quella “magica pozione”?

(DJ) PJ Morton mi colpisce, lo vedo come un chiaro leader in questo momento. Le sue idee sono fresche e riesco a percepire una vera sensibilità per la musica soul.

Ma tu ti sei innamorato dei vecchi dischi di r&b grazie ai tuoi genitori?

(DJ) Sono il tipo di persona che viene influenzata da ciò che lo circonda quando si tratta di arte. Quindi sì, mio padre ma anche mia nonna hanno avuto un ruolo importante, facendomi ascoltare questo genere in giovane età. E poi la soul music è per tutti. Giovani e meno giovani.

Qual è il sassofonista che maggiormente ti ha ispirato?

(DJ) Claude Delangle.

Il tuo primo disco che hai amato alla follia?

(DJ) Ricordo di aver implorato mio padre quando ero un ragazzino, per la cassetta di Blueprint di Jay-Z . Mi procurò una cassetta blu ma non esattamente quella… Ero un ragazzo felice (ride, ndr)!

L’album si apre con una potente canzone di denuncia: Morning America

(Aaron Frazer) Ho scritto le liriche di questa canzone dopo che mi ero informato sul movimento di protesta The Poor People’s Campaign, che prese i primi passi grazie a Martin Luther King Jr. proprio prima del suo assassinio. Il movimento cercava di riunire gli americani con l’obbiettivo di porre fine alla povertà, al razzismo, al militarismo (in patria e all’estero) e alla distruzione ambientale. Quando ci concentriamo solo sulla razza, noi ci dividiamo. Ma quando lottiamo per obbiettivi comuni come i problemi economici, ci guardiamo tutti negli occhi e riusciamo a essere tutti uniti.

Ci raccontate di più della bellissima ballata Court of Love, per me l’apice del nuovo album?

(AF) Quando accade che ci si lascia in una storia sentimentale, tutto può apparire così drammatico, lo scontro sembra aver come scena ideale un’aula di tribunale. Le accuse volano e il gruppo di amici della coppia diventa una giuria, dividendosi e prendendo parte per l’uno o per l’altro… Volevo catturare quel senso di dramma sentimentale utilizzando un sound in stile doowop.

Qual è l’artista più sottovalutato?

(AF)  La prima persona che mi viene in mente è Miriam Makeba. Una incredibile performer capace di cantare in diverse lingue! Riuscendo a far uscire nella sua carriera più di trenta album e in più è stata una Goodwill Ambassador (sono persone scelte per la loro notorietà e per il loro riconosciuto talento nel mondo delle arti, ndr) per l’ ONU, lottando strenuamente anche per i diritti civili.

Tre band o artisti che avresti voluto vedere ma non sei mai riuscito a farlo?

(AF) Levon Helm, Sharon Jones, Carole King. 

La migliore copertina di sempre?

(AF) Wow, domanda difficile! Potrei sceglierne migliaia… direi che in generale considero la Blue Note l’etichetta con la più bella discografia e contemporaneamente con le più mirabili copertine!

La città dove hai visto i locali più belli?

(Blake Rhein) Il Jalopy Theatre di Brooklyn è assolutamente incredibile per la musica roots USA. Anche l’Ajoing Tavernè fantastico. All’Hungry Brain di Chicago suonano un sacco di jazz improvvisato e musica minimalista che adoro vedere. Chicago ha una grande scena per quel genere di cose.

La migliore colonna sonora di sempre?

(BR) Hired Hand di Bruce Langhorne. Un capolavoro di ambient folk. Perfetto da ascoltare durante un bel bagno caldo.

Una canzone da ascoltare il giorno del proprio compleanno?

(BR) Reflections di Diana Ross & The Supremes. Fu il primo brano della Motown inciso con l’uso del Moog e fu realizzato il giorno del mio compleanno nel 1967

E per fare l’amore?

(BR) Trovo tutta la musica made in France assolutamente perfetta e specialmente Françoise Hardy.

Per sfogare la rabbia?

(BR) Cynthy-Ruth dei Black Merda.

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PAOLOOO