Interviste

Nostalgia di post punk? Ascolta il nuovo album degli shame

Si rifanno vivi i giovanissimi alfieri della rinascita del guitar sound inglese con un nuovo album prodotto da James Ford, l’ex Simian Mobile Disco che ha fatto scintillare il suono degli Arctic Monkeys

Autore Piergiorgio Pardo
  • Il19 Gennaio 2021
Nostalgia di post punk? Ascolta il nuovo album degli shame

Foto di Sam Gregg

Punto di partenza, il titolo del nuovo lavoro. Il Drunk Tank Pink è stata una tonalità di rosa che venne utilizzata dagli psicologi nelle carceri inglesi per rappacificare l’animo e il corpo inquieto dei reclusi. Effetti benefici o no, il cantante degli shame, Charlie Steen, parte con un effetto metaforico, visto che è proprio da una sua personale reclusione che è iniziato tutto il processo per il notevolissimo secondo album della sua band, uscito venerdì 15 gennaio.

Lasciati da parte slogan, impegno politico e immaginario “South of London”, gli ex ragazzi di Brixton sfoderano un songwriting più profondo e ambizioso, con liriche intimiste e arrangiamenti corposi e rilasciano una colonna sonora perfetta per questi tempi difficili. Abbiamo chiesto a Charlie Steen di raccontarci questo nuovo corso. Questo è giusto un “assaggio” dell’intervista integrale realizzata da Piergiorgio Pardo che leggerete nel numero di febbraio di Billboard Italia.

Mi sembra che con il suono degli shame si sia evoluto rispetto all’album precedente. Possiamo definirlo più complesso?

Da un lato è dipeso dalle cose che stavamo ascoltando in quel periodo, soprattutto musica kraut, Stereolab, noise rock. Dall’altro gli stessi studi La Frette, in Francia, dove abbiamo registrato, ci hanno dato degli impulsi nuovi, che si sono aggiunti alle parti di canzoni già esistenti e le hanno arricchite.

Che tipo di impulsi?

Negli studi, per esempio, c’era un pianoforte d’epoca, forse del XVIII secolo. Le parti di piano che si sentono nel disco sono state ispirate direttamente dallo strumento. Se non lo avessimo avuto a disposizione, non avremmo mai pensato a quei suoni. L’atmosfera era incredibile e buona parte di quell’energia è confluita nelle registrazioni. James Ford, che ha prodotto il disco, lavora ai La Frette da anni e ne conosce ogni più piccolo segreto.

Com’è stato il rapporto con James Ford? A prima vista sembrerebbe un tipo diverso dagli shame, uno da club culture, o classic rock…

James è un musicista incredibile, capace di suonare qualsiasi strumento, molto preparato anche in fatto di vocalità e in più parla il francese. Per tutta la durata delle registrazioni è stato praticamente un componente della band. La differenza di background non è mai stata un problema né a livello musicale, né umanamente, senza considerare che ci sono tanti produttori in ambito elettronico che stimiamo molto per il loro approccio con la musica. Un esempio per tutti, James Blake.

Immagino scalpitiate per andare in tour. Che succede adesso?

Avremmo un tour nel Regno Unito, già sold out ma sarà dura… Vorremmo provare di nuovo l’adrenalina e l’energia dei concerti dal vivo. È certamente un grande desiderio in questo momento, ma vogliamo anche da un lato sostenere l’uscita del disco con tutti gli strumenti possibili, dall’altro creare, scrivere tantissimo, perché è il modo migliore che un musicista abbia in questo momento per continuare a crescere artisticamente.

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