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Dardust: «Ho chiamato la business coach per gestire le mie uscite»

Oggi esce il nuovo album “S.A.D. Storm and Drugs”, ma nel frattempo Dardust gestisce anche le collaborazioni con gli artisti in gara a Sanremo. L’intervista

Autore Silvia Danielli
  • Il17 Gennaio 2020
Dardust: «Ho chiamato la business coach per gestire le mie uscite»

Alessio Panichi

Prima un messaggio vocale che deve assolutamente ascoltare. Poi uno scritto su WhatsApp a cui risponde con un pollice alzato. Infine, una chiamata. Di quelle veloci che però inesorabili ti rubano tutta l’attenzione.

Nel giorno dedicato alla promozione del suo nuovo album, S.A.D Storm and Drugs, che esce oggi, Dardust deve continuamente rispondere agli artisti (e ai loro collaboratori). A quelli per i quali ha scritto o prodotto i brani che saranno presenti a Sanremo (Elodie, Rancore e gli Eugenio in Via di Gioia). O per cui ha appena prodotto un singolo, come Rapide di Mahmood, uscito ieri.

Lui, all’anagrafe Dario Faini, classe ‘76, marchigiano, è un artista decisamente dalle mille anime. Non si divide solo tra musica classica ed elettronica. Tra il respiro delle composizioni classiche al pianoforte, a volte decisamente minimali da ricordare Nils Frahm e Ludovico Einaudi, e il suono dei rave-party tipici degli anni ’90. Questo è ciò che si avverte subito nel suo progetto S.A.D Storm and Drugs, che chiude una trilogia iniziata con 7 del 2015 e Birth del 2016. Ma non è tutto. Perché lo spirito di Dardust si frammenta ulteriormente per gli altri. E tutto probabilmente è giunto all’attenzione del grande pubblico a partire dalla produzione di Soldi, la canzone vincitrice al festival di Sanremo dell’anno scorso.

È così: la partecipazione al Festival dell’anno scorso ha cambiato la percezione che il pubblico aveva di te?

Avevo avvertito un cambiamento negli addetti ai lavori già da prima, grazie alla produzione per i TheGiornalisti. Soldi, che ho prodotto con Charlie Charles, ha rappresentato di sicuro il coronamento per il pubblico. Non dico di essere diventato famosissimo da non poter andare in giro da solo, come vedo capitare a Mahmood. Però il fatto di essere apparso in televisione anche come direttore d’orchestra per Soldi ha fatto la differenza. Da lì sono arrivate anche Calipso (di Charlie Charles, con Sfera Ebbasta, Fabri Fibra e Mahmood), Nuova Era di Jovanotti, la puntata speciale di X Factor dove ho avuto un’esposizione pazzesca…

Quindi come riesci a gestire tutto questo?

È difficile e il rischio di eccessivo multitasking è dietro l’angolo. Per questo ho chiesto aiuto a una business coach per non abbassare mai la qualità del lavoro che faccio. Vengo continuamente bombardato da messaggi, scritti e vocali, richieste di ascolto. Questa persona mi sta aiutando soprattutto a gestire la mia giornata.

Qual è l’insegnamento più importante che ti ha trasmesso?

Cercare di non perdere mai il gusto e il piacere per quello che faccio. Quando entri in un meccanismo vorticoso il rischio è di andare in stress. Quindi devo tirare ma con un limite: se non mi diverto più devo lasciar perdere.

È interessante il gioco di parole del titolo del tuo nuovo album S.A.D Storm and Drugs con il nome del movimento tedesco settecentesco dello Sturm und Drang (tempesta e impeto): come ti è venuto?

Proprio perché questo album è nato nel mezzo di una tempesta emotiva incredibile. Avevo letto da poco I Dolori Del Giovane Werther (quasi il manifesto poetico del movimento, ndr) ed ero rimasto colpito da questo amore pre-romantico vissuto in maniera totalizzante che porta fino al suicidio. Anch’io stavo vivendo una situazione così devastante per due ragioni. La prima era la fine della storia con una persona che credevo sarebbe durata per sempre. La seconda era dovuta al terremoto nelle Marche che ha distrutto anche la casa dei miei genitori. Queste erano state le tempeste emotive. Per “drugs” mi riferisco a ogni genere di dipendenze, affettive e da psicofarmaci.



Nell’album è anche molto forte il richiamo alla musica elettronica degli anni ’90. La title-track è un palese omaggio a Born Slippy degli Underworld…

Sì, dopo averlo scritto a Londra, mi sono trasferito a Edimburgo perché mi interessava il racconto di tutta quella generazione chimica, ben rappresentata in Trainspotting di Irvine Welsh e nel film tratto dal romanzo diretto da Danny Boyle. Per me era importante anche la scena finale con il protagonista, Mark Renton, che scappa col bottino. Ho immaginato che ogni situazione negativa in fondo può svoltare in maniera positiva. E poi ho voluto portare quella cassa in 4 di Born Slippy (presente nella colonna sonora, ndr) nel mondo pianistico.

Che cosa ci puoi dire dei brani di cui ti sei occupato che saranno presenti a Sanremo?

Sono co-autore e produttore di Tsunami, il pezzo che portano gli Eugenio in Via di Gioia: ha un suono molto particolare e potente, mi auguro davvero che vada bene. Spero che gli altri due pezzi degli artisti in gara ovvero quello di Elodie (scritto da me e Mahmood) e quello di Rancore (che ho scritto insieme a lui) vengano recepiti bene, ma saranno di rottura. Questo lo penso davvero.

Avremo un’altra Soldi?

Non so, non credo, ma chi può dirlo.

 

 

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