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Fedez e Michielin: la normalità di Sanremo, l’ansia e la musica “brutta”

Un’intervista a Fedez e Michielin dove si passa dal significato di Chiamami per nome alle Destiny’s Child, dal ruolo della donna ai Jalisse

Autore Silvia Danielli
  • Il5 Marzo 2021
Fedez e Michielin: la normalità di Sanremo, l’ansia e la musica “brutta”

Francesca Michielin e Fedez / ph Fabrizio Cestari

«Qualche mese fa pensare di tornare a fare musica sembrava un’utopia. Quindi essere qui e vedere poi che il pubblico è felice è una gioia immensa», commenta Francesca Michielin, collegata di mattina abbastanza presto con Fedez in conferenza stampa via Zoom. E si commuove. Possono sembrare parole di circostanza ma non lo sono. Il momento è quello che è e tocca tutti. Forse basterebbero queste dichiarazioni a chi continua a dire che Sanremo non fosse necessario dal momento che gli altri teatri sono chiusi.

Dire che la loro Chiamami per nome stia andando benissimo è dire poco. Il video conta già più di 2 milioni di views ed al numero 1 delle tendenze su YouTube e il brano è già al numero 1 della Top 50 di Spotify Italia. Loro sono in prima linea per aiutare i lavoratori dello spettacolo colpiti dalle restrizioni imposte dalla pandemia. Fedez è stato tra i principali ideatori e promotori di Scena Unita (di cui abbiamo già parlato), ieri per la serata delle cover indossavano la spilletta con il simbolo Stop & Play per l’iniziativa I diritti sono uno spettacolo, non mettiamoli in pausa. Nel video ufficiale del loro pezzo si vedono molte sedie vuote e come sottopancia tutti i nomi dei teatri chiusi da tempo.

«È un’incredibile boccata di normalità poter essere qui pur tra mille restrizioni», racconta Fedez, «Nonostante le norme, l’atmosfera che si respira nel backstage è fantastica. Poter scaricare l’ansia insieme agli altri artisti o vedere le esibizioni dai televisori a tubo catodico in camerino: è stata una figata. La cosa più simile alla normalità. E per la prima volta in più di un anno posso dire di aver voglia di tornare a casa dalla mia famiglia perché è l’unica cosa che mi manca qui».

E allora felicità: la cover

Ieri sera durante la serata cover i due hanno presentato E allora felicità (tra Calcutta, Daniele Silvestri, e le grandi coppie del festival: Aleandro Baldi e Francesca Alotta, Jalisse, Al Bano e Romina) che magari poteva piazzarsi anche in una posizione migliore nella classifica generale votata dall’orchestra, dove sono 21esimi. «Non importa», tagliano corto loro, non veniamo a Sanremo per quello. «Abbiamo ricevuto molti complimenti: io da un professore del conservatorio che non sentivo da tempo», racconta Francesca, «Abbiamo realizzato qualcosa di molto complesso con un ritmo progressivo. Partiamo dagli archi poi arriviamo a un ritmo da brass band, molto swing. Abbiamo cambiato registro e poi siamo tornati a Felicità in chiave ska-punk: renderlo dritto è stato divertente. Abbiamo voluto omaggiare le grandi coppie del festival».

«Abbiamo ricevuto dei super complimenti da Al Bano e mi hanno scritto anche i Jalisse!», racconta Fedez.

Ieri Francesca ha voluto che a ricevere i tradizionali fiori fosse Federico: un piccolo gesto per cercare di ricordare l’importanza della parità. Li risentiamo poi nel pomeriggio per riprendere la chiacchierata da soli.

8 marzo alle porte

Tra tre giorni sarà l’8 marzo: voi vedete ancora molta strada da fare per ottenere una maggior equità tra uomini e donne nel mondo della musica?

Francesca: Sì, vivo ancora questa disparità sulla mia pelle e anche su quella di mie colleghe. Siamo ancora presentate come il cosiddetto sesso debole, io tengo molto a questo argomento e vi ho dedicato anche il podcast Maschiacci.

Anche se per esempio il mio management, La Tarma, è composto solo da donne. Poi però chissà come mai noi donne siamo sempre cantanti e i miei colleghi cantautori. Quando anche essere interprete non è una cosa dispregiativa ma te la fanno passare così, come se fosse scontato che io un pezzo non lo sappia scrivere.

Ecco con Federico io mi sento alla pari mentre in altre collaborazioni può non esserci la stessa sensibilità. Io per esempio scrivo e suono le parti al pianoforte per i miei dischi. Una volta sono arrivata in uno studio dove c’era un pianista che, nemmeno voltandosi, ha ri-suonato la mia traccia. Queste cose sono incomprensibili.

Fedez: Noi siamo una società composta da 25 persone e l’unico uomo è il mio stylist, Giulio. Per me è normale lavorare con le donne. Comunque nella mia famiglia certi concetti sono scontati per fortuna: per esempio abbiamo deciso di dare anche il cognome di mia moglie ai miei figli. Poi sarà anche il fatto che mi chiamo Lucia di cognome…

Se qualcun altro dovesse interpretare il vostro pezzo in un’ipotetica serata cover chi potrebbe essere?

Francesca: Mah… Michele Bravi, perché no? Ha la sensibilità giusta.

Fedez: Bella, sì, mi piace, brava!

Partire dalle basi: il titolo

La frase Chiamami per nome ognuno può interpretarla come vuole ma per voi cosa significa veramente?

Fedez: Il bello è proprio che ognuno può dare il significato che vuole. È una canzone d’amore con sfumature grigie, non esattamente felici, che lascia aperto il privilegio della speranza. Non volevo per forza parlare del momento storico che stiamo vivendo.

Ma proprio rispetto al titolo e basta?

Francesca: Un modo per dire se hai bisogno di me io ci sono. Chiami per nome una persona con cui sei più in intimità.

Fedez: È come dire mi chiami per nome perché conosci il mio vero io, intimo. L’avrò detta malissimo adesso: era meglio non spiegarla!

Devo dire però che ogni volta che qualcuno mi chiama per nome e non con il soprannome ho paura di aver fatto qualcosa di sbagliato…

Fedez: Quando mia moglie mi chiama Federico, è come se volesse riprendermi e farmi prendere coscienza di me stesso.

L’ansietta

Cosa ti dice tua moglie Chiara per farti affrontare l’ansia da palco?

Fedez: Mi è super di supporto. Ci sentiamo continuamente tra una intervista e l’altra. Sono contento di fare questa esperienza anche perché ho davvero voglia di tornare a casa. E torniamo al concetto di quanto sia importante la normalità di questo festival.

Anche tu Francesca vuoi tornare a casa?

Francesca: Sì, però mi piace davvero tanto la Liguria e mi manca viaggiare. Per scrivere ho bisogno di viaggiare e a dire la verità Sanremo è un insieme umano di persone che diventano fonte di ispirazione.

Ma anche ora succedono cose nel backstage?

Francesca: Sì, comunque, sì.

Fedez: È ancora un bell’ambiente umano, c’è un movimento anarchico tutt’intorno.

Francesca, tu hai qualcuno che ti aiuta a gestire l’ansia?

Io vivo d’ansia, foraggiata dall’ansia e lei vive dentro di me. Ho cercato di lavorarci ma è un po’ di famiglia. Io ogni tanto faccio veramente fatica a gestirla: è come se non mi abitassi più. L’unica cosa che ho potuta fare in questi mesi è stato cercare di gestirla e trasformarla in energia. Magari qualche artista è più cinico, io no.

Musica per ricaricarsi

Quando eravate ancora in fase di scrittura del pezzo vi siete consigliati qualche ascolto in particolare?

Fedez: Io no. Ho degli ascolti terribili non di musica “alta”.

Francesca: Abbiamo ascoltato un botto Kanye West, Fede!

Fedez: Ah be’ è vero e poi i Blink-182 prima di salire sul palco!

Ah ma li ascolti ancora?

Fedez: Quando ti dico che ascolto musica di merda non scherzo!

Francesca: Io ascolto per darmi forza Lana Del Rey, Born to Die. Ma in questo periodo solo le Destiny’s Child, canto Chiamami per nome con ritmo di Save My Name, hai presente?

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