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Maggio, mese della salute mentale: la musica può salvarci?

Il quesito parte da Billboard US e i redattori hanno indicato i pezzi che li hanno aiutati nei momenti no. Anche noi in Italia abbiamo stilato la nostra lista molto personale

Autore Billboard IT
  • Il13 Maggio 2020
Maggio, mese della salute mentale: la musica può salvarci?

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Maggio è il mese della salute mentale negli Stati Uniti e da qualche anno anche nel resto del mondo (Italia compresa) si cerca di sensibilizzare le persone su temi così importanti come l’informazione e la prevenzione psicologica.

Soprattutto in un momento così delicato come quello che stiamo vivendo oggi tra angoscia per la diffusione del COVID-19 e la solitudine a cui ci ha spesso costretto la quarantena.

Billboard US ha cercato di evidenziare tutte quelle canzoni pop che hanno promosso uno sguardo positivo sul mondo o hanno addirittura contribuito a mostrare la via d’uscita di un periodo troppo buio ai fan. Poi ha ragionato sul fatto che ognuno di noi ha un rapporto molto personale con la musica e la salute mentale e così lo staff ha voluto condividere le canzoni che hanno avuto uno speciale significato in tal senso.

Abbiamo voluto farlo anche noi di Billboard Italia scegliendo un paio di canzoni che magari ci hanno aiutato in momenti brutti oppure hanno cambiato in meglio il nostro modo di percepire le situazioni. Oppure, semplicemente, ci hanno dato conforto.

In Italia, l’associazione Restart ha dato vita a una campagna per questo momento particolare. Ha aperto uno sportello online per offrire a musicisti e professionisti dello spettacolo un supporto psicologico per affrontare l’emergenza. Si può sostenere l’iniziativa tramite donazione.

The Cure, Out of This World

Bloodflowers rimane un album ingiustamente misconosciuto. Nel disco del cambio di millennio, Smith e soci raggiunsero vette artistiche di assoluto valore. Come nel caso di questo brano: raramente un titolo (che peraltro riecheggia Baudelaire) ha descritto così bene il paesaggio sonoro di una canzone. Chiudendo gli occhi, sembra davvero di essere delicatamente elevati verso una dimensione di armonica quiete universale in cui tutti i nodi – anche solo per qualche minuto – sono finalmente sciolti. Federico Durante

Queens Of The Stone Age, Song for the Dead

Se non credete nel potere terapeutico del rock pesante concedete un ascolto a questo pezzo, contenuto nel memorabile Songs for the Deaf. Il riff principale – con cui si apre e si chiude il brano – potrebbe essere la versione occidentale e ultra-elettrica di un rituale trance aborigeno. Fulmineo, ossessivo, praticamente atonale (la stessa nota su due ottave diverse), con una micidiale parte di batteria suonata dal grande Dave Grohl, vi farà sfogare a colpi di headbanging tutta la rabbia che avete in corpo. Federico Durante

MGMT, Time to Pretend

Ho rivalutato questo brano dei MGMT quasi dieci anni fa. Era il 17 luglio 2010 ed ero nella mia Ferrara (esattamente in Piazza Castello, a fianco delle grandi sale che hanno ospitato qualche secolo fa la corte estense) a vedere Paolo Nutini. Nella setlist di quel tour, l’artista scozzese di origini italiane proponeva la sua cover di questo pezzo. Un’estasi. Con Time to Pretend metti da parte tutte le bad vibes, alzi un po’ il volume e pensi solo a ballare. Pure con quel pizzico di malinconia che, alla fine, non fa mai male. Giovanni Ferrari

Anggun, Snow on the Sahara

Solo qualche settimana fa mi sono imbattuto in un suo video su Facebook e mi sono ricordato della potenza che aveva la sua canzone con cui si è fatta conoscere in tutto il mondo ormai nel lontano 1997. Snow on the Sahara è tratta dall’album di debutto della cantante indonesiana Anggun ed è pure stata usata per una celebre pubblicità (questo il motivo per cui la conosciamo per forza tutti). Ascoltare questo brano significa dimenticarsi per un attimo di tutte le ansie e preoccupazioni. E che voce! Giovanni Ferrari

A House Is Not A Motel, Love

Nell’indispensabile saggio-memoir London Calling di Barry Miles (EDT edizioni per l’Italia) l’autore ricorda quanto i giovanissimi londinesi Pink Floyd – totalmente immersi nel movimento  controculturale – rimasero affascinati dal brano Little Red Book dei Love di Arthur Lee e Barrett tentò di “imitarlo” nel riff della meravigliosa Interstellar Overdrive.

Curiosamente rimane nel tempo una certa simmetria tra la vita di Syd Barrett e quella di Arthur Lee, il leader dei Love: tutti e due soffrivano di disturbi della psiche, di dipendenze e sono morti ambedue nell’estate del 2006. Entrambi leggendari nella loro “assenza”. Una mancanza fisica ma colmabile con l’ascolto delle loro opere. Di sicuro Arthur Lee e i suoi Love scrissero un capolavoro: Forever Changes, era il 1967 e ha segnato l’ispirazione non solo di Syd Barrett ma anche di centinaia di artisti e di giornalisti, come me. Ho scelto questa bella versione di A House Is Not A Motel e l’ascolto immaginando i R.E.M intorno a uno stereo nel 1981 a sentire a ripetizione questo pezzo, mentre le funny cigarettes invadono l’aria della loro stanza… Tommaso Toma

Dutscher Girls, Adam and The Ants

Era bellissimo da giovane Adam Ant e ne era rimasto folgorato il regista dichiaratamente omosessuale Derek Jarman, una delle menti più brillanti della cultura UK che lo coinvolse nel miglior film in assoluto sul punk britannico: Jubilee.

Si conobbero durante il casting (immaginate una roba molto poco ortodossa…) per il film, o meglio Derek si vide svenire addosso Adam, una amica gli aveva appena scritto sulle spalle con una lametta la parola FUCK. La carriera di Adam Ant nei primi anni ’80 fu costellata da enormi hit (Stand And Deliver, Prince Charming, Antmusic…) e molti se lo ricordano vestito da pirata con quella striscia bianca a mezza faccia che lo faceva sembrare anche un indiano… Adam Ant ha dovuto convivere tutta la vita con il suo disturbo bipolare e purtroppo nel 2010 ebbe un crollo pesantissimo, tanto da indurlo a un lungo trattamento nel Chelsea & Westminster Hospital. Io lo voglio ricordare giovane e bello nella stupenda canzone che apparve proprio nella colonna sonora di Jubilee nel 1978 e poi come 7” inch solo nel 1980. Tommaso Toma

Elliott Smith, Between The Bars

Elliott Smith riesce sempre nel difficile compito di scartare le barriere che ci siamo costruite intorno a noi come fossero la carta dei cioccolatini Baci Perugina. Riesce ad andare a fondo e a arrivare al nucleo principale, la nocciolina, ovvero il nostro cuore spesso stanco e martoriato. E riesce a risollevarlo come se sussurrasse proprio le parole che stavamo attendendo. Non c’è bisogno di spiegare come mai queste parole risultino un utile balsamo anche se erano pronunciate da una persona così tanto sofferente, vero? Non si sa ancora se Eliott Smith si sia davvero tolto la vita a 34 anni o se sia stato ucciso. Di sicuro negli ultimi anni venne colpito da una durissima depressione che lo portò ad abusare di alcool e droghe. Difficile scegliere una sua canzone salvifica, vanno bene tutte. Between The Bars, per esempio, vi parlerà di paranoie, promesse non mantenute, pressioni diurne e notti insonni. “Drink up with me now/ And forget all about the pressure of days/ Do what I say and I’ll make you okay/ And drive them away/ The images stuck in your head”. Non ti ringrazieremo mai abbastanza, Elliott. Silvia Danielli

Frank Ocean, Ivy

Chi non ha pianto per amore nella sua vita? Ok, potrà non essere un motivo grave di tristezza ma l’amore tribolato ha portato tanti scombussolamenti a chiunque. In Ivy Frank Ocean riflette su una relazione amorosa molto acerba dove di sicuro lui ha compiuto diversi errori, fidandosi troppo.

Ivy è uscita all’interno di quell’album-capolavoro che è Blonde del 2016 e probabilmente si riferisce al primo amore di Frank del 2012, di cui aveva parlato a lungo in un tumblr. In un’intervista al New York Times, nel novembre 2016, Frank aveva anche rivelato che aveva deciso di modificare la sua voce per renderla ancora più giovane e più vicina quindi al racconto emotivo di una relazione tardo-adolescenziale che finisce. “I thought that I was dreamin’ when you said you love me/ The start of nothin’/ I had no chance to prepare”, canta Frank: l’inizio di un sogno d’amore che poi era l’inizio di niente. Ivy è una break-up song in piena regola ma la melodia è così dolce e struggente che potrebbe essere la compagna ideale di una serata estiva sul balcone di casa. Con l’aria leggera che si porta via le preoccupazioni. Silvia Danielli

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PAOLOOO