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Quel Virus degli anni ’80 che non fa paura

Il collettivo punk anarchico Virus è ed è stato uno dei più radicali collettivi e il loro luogo fisico che nacque a Milano, fu ritrovo fondamentale la musica punk italiana, ma non solo. Ora esce il libro Il punk è rumore 1982-1989 e uno degli autori, Marco Teatro ha scritto in esclusiva per noi

Autore Tommaso Toma
  • Il23 Ottobre 2021
Quel Virus degli anni ’80 che non fa paura

Virus, locandine, foto ufficio stampa

“Autogestione”, “utopia”, “kollettivo”, “alternatività”, “base missilistica Comiso”. Sono alcune delle parole ricorrenti nei fogli ciclostilati, nel lettering scritto a mano o a macchina da scrivere che fanno da cornice ai nomi dei gruppi e degli artisti che negli anni si sono esibiti al Virus di Milano.

Tutto questo materiale debordante, a tratti archeologico nel linguaggio e improvvisamente attualissimo nei temi, lo trovate nel voluminoso libro Virus Il punk è rumore 1982-1989 a cura di Marco Teatro e Giacomo Spazio (editore Goodfellas). Il libro raccoglie tutto, dalle locandine ai manifesti e volantini recuperati, conservati dall’anno della costituzione del collettivo fino alla sua definitiva chiusura, nel 1989. Marco Teatro, artista, pittore e scenografo, racconta per noi in esclusiva il perchè l’esperienza Virus e il libro in questione sono ancora oggi uno spaccato della gioventù anni ’80 da riscoprire.

Virus, il racconto in esclusiva di Marco Teatro

All’alba degli anni ’80 il punk si insinua come un virus tra le giovani generazioni, che si risvegliano stanche e totalmente disilluse nelle macerie ideologiche e sociali ereditate dalle lotte politiche di pochi anni prima. A Milano si muove un collettivo liquido e nello stesso tempo ermetico, anarchico ma anche diffidente verso chi ne è estraneo.

Il Virus attraversa quel decennio in prima linea sulle barricate delle urgenze sociali metropolitane e nazionali. Si afferma presto come fulcro della scena punk anarchica e libertaria internazionale. È questo insieme di forza e contraddizione che gli attribuirà un carattere originale. Eppure lo avvolgerà di un velo di mistificazione già nei suoi primordi. Questo libro raccoglie tutti i documenti pubblici che è stato possibile recuperare. Quasi sempre da archivi privati, cassetti polverosi diventati ormai reliquiari, custodi di materiale cartaceo ma soprattutto di ricordi, pensieri, azioni, convinzioni, musica, arte, cultura. Locandine di concerti, prodotti editoriali e volantini, ma anche comunicati e prese di posizione rispetto alle questioni politiche e sociali affrontate quotidianamente.

Il punk e la sua filosofia do-it-yourself

Non occorre nessun commento o indicazione aggiuntiva, se non la data di pubblicazione. I testi e gli eventi descritti parlano da soli. Narrano la storia turbolenta di un decennio di luci e ombre – molte – e delle incredibili difficoltà affrontate con forza e costanza da persone all’epoca giovanissime. Non è un’esagerazione affermare che durante gli anni ’80 almeno la metà delle iniziative culturali e i concerti dal vivo sono completamente autogestiti e auto-organizzati. Oltretutto con risorse così esigue che solo la forza d’animo può sostenere l’impresa, in risposta a una società ancora ottusa e retrograda.

Il punk, la sua filosofia del do-it-yourself – dal look alla musica – accompagna la pratica: si può fare tutto “in casa” e insieme, dalle creste colorate ai vestiti, dai manifesti alle cassette. La grafica quasi totalmente in bianco e nero, semplice, talvolta brutale, esprime lo stato d’animo dei suoi creatori e fruitori.

«In questi spazi recuperati da una città avara di risorse per i ragazzi degli Ottanta, succede qualcosa d’importante»

Il Virus nasce dalla giovane generazione punk che si integra in una comunità anarchica già esistente e culturalmente solida nella sede di via Correggio 18 a Milano. L’incontro tra la vitalità creativa dell’una e la solidità ideologica dell’altra permette di crescere con una coscienza più matura e una migliore autogestione. Di contro, nel giro di poco tempo le autorità cominciano a percepire quel pericolo che solo l’aggregazione di giovani “non conformi” sembra poter generare. Optano così celermente per la repressione a tutti i costi. Costringe il collettivo a vagare per la città e a insediarsi in luoghi differenti: viale Piave 9, piazza Bonomelli 3 e altre sedi provvisorie. Queste sottolineano l’integrazione e la trasversalità dei movimenti alternativi dell’epoca. Da via Orti 10, dove è aperta una distribuzione di supporti musicali e materiali autoprodotti, a via Scaldasole, via Leoncavallo ecc.

In questi spazi recuperati da una città avara di risorse per i ragazzi degli Ottanta, succede qualcosa di importante per la storia dei movimenti. Stanze trasformate dall’iniziativa e dalla creatività accolgono riunioni e discussioni, ospitano la preparazione di azioni collettive e feste memorabili, performance artistiche e teatrali. Le nuove band punk e new wave trovano in quelle sedi occasioni di incontro e sale prove, prima improvvisate poi sempre più funzionali.

Dal Virus passano gruppi come Scream, Declino, Wretched e Crash Box

La musica live diventa finalmente un’abitudine settimanale, quotidiana, attraverso l’organizzazione di concerti e festival con band di Milano e dintorni, poi italiane e internazionali. Dal Virus passano tutti i gruppi punk e hardcore attivi tra il 1982 e l’88, come Negazione, Indigesti, Declino. E ancora: Wretched, Crash Box, CCM, Officine Schwartz, Franti. Ma anche moltissime band di livello internazionale, come i canadesi DOA, gli statunitensi MDC, Government Issue, Scream (con Dave Grohl alla batteria, prima di entrare nei Nirvana) e Henry Rollins.

Quella del Virus è una stagione lunga, ma così frenetica ed eccitante da passare in un lampo, entusiasmante finché dura. Cioè finché le difficoltà, le divergenze, i cambiamenti di visione e prospettiva di piccoli gruppi all’interno del collettivo non portano alla conseguente e inevitabile dispersione in altri collettivi ed esperienze aggregative.

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