Perché “Alicia” di Alicia Keys è un capolavoro empatico
Da So Done a Jill Scott, da Time Machine a Wasted Energy, l’ultima fatica discografica di Alicia Keys è tutta da scoprire
Con tutti i suoi riferimenti alla vita, alla dignità, alle lotte che ognuno di noi ha intrapreso per dare forma al proprio destino, Alicia di Alicia Keys suona davvero come un “diario dei giorni terribili” che l’America sta passando.
Inizialmente previsto per metà marzo, Alicia (RCA / Sony Music) è uscito venerdì scorso. Anticipato dal singolo Underdog, grazie al quale la cantante aveva già dimostrato di essere molto attiva sul fronte Black Lives Matters.
E anche noi, come non mai, stiamo avendo i nostri “giorni terribili”, non solo per l’effetto della pandemia che accomuna l’intera umanità ma anche per i rigurgiti razziali e di gratuita violenza che emergono dai fatti di cronaca locale.
E così Alicia Keys si dimostra, con il suo settimo album, empatica, a volte ottimista e a tratti lottatrice, “costringendoci” a un ascolto attento delle sue canzoni.
Andiamo a conoscere meglio il suono dell’album.
L’album di Alicia Keys, pezzo per pezzo
Parliamo subito di Love Looks Better che emerge nel mucchio, distinguendosi come una potenziale hit: perfetta e potente grazie al golden touch di Ryan Tedder (già produttore di Adele e Beyoncé).
Time Machine è una versione futurista delle intuizioni regalate decenni fa dai Funkadelic, con quelle venture sexy e dark che piacerebbero a Kendrick Lamar.
È suadente il ritmo reggae di Wasted Energy, dove si sente ottima l’influenza afro pop nella produzione di Pro2Jay, meglio conosciuto come P2J, nigeriano di nascita ma con base a Londra. Conoscete già il pop “militante” di Underdog dove si sente fortissima l’influenza nella scrittura di Amy Wadge e di Ed Sheeran.
Intenso è il duetto con il britannico Sampha nella liquida 3 Hour Drive. Arrivano poi i manierismi R’n’B con Miguel che duetta con lei nella delicata Show Me Love.
In So Done si sente la precisa e minimalissima produzione di Ludwig Göransson, uno svedese molto bravo nel comporre colonne sonore (da Black Panther aTenet e fra poco l’atteso remake di Dune), e che da quando fu “adottato” dal clan di Jay-Z nel 2013, è diventato lo scandinavo più rispettato e richiesto dalla comunità musicale afro-americana.
Jill Scott è forse il brano più elegante e sognante del disco. Perfect Way to Die quasi chiude il lavoro: una intensa ballata dove Alicia è sola davanti al piano e canta di una madre in lutto il cui figlio è stato ucciso dalla polizia.
L’album si chiude con Good Job (“the world needs you now / Know that you matter”) dedicata a tutti i lavoratori che hanno lottato e lottano ancora contro la pandemia. I giorni terribili sono ancora davanti a noi, ma con un album così accanto, possono passare più rapidamente.