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Antonio Vandoni: intervista al direttore artistico di Radio Italia

Antonio Vandoni è il direttore artistico di Radio Italia. Nel 2018 festeggia trent’anni di carriera nel mondo radiofonico e ce li racconta in questa intervista

Autore Billboard IT
  • Il1 Agosto 2018
Antonio Vandoni: intervista al direttore artistico di Radio Italia

Antonio Vandoni con Jovanotti

lAbbiamo incontrato il direttore artistico di Radio Italia, Antonio Vandoni, per tutti “Tony”, che qualche settimana fa (oltre a spegnere 58 candeline) ha colto l’occasione per festeggiare i suoi trent’anni di carriera nella musica. È stata anche l’opportunità per fare due chiacchiere con Tony, parlando della sua carriera, del mondo discografico e di quello radiofonico.

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Cosa ti ricordi del tuo primo giorno nel mondo della discografia e come ti sei ritrovato a farne parte?

Il primo giorno ero alla Ricordi e “ricordo” che non sapevano esattamente che ruolo assegnarmi, al punto che mi chiesero cosa mi sarebbe piaciuto fare. Scelsi l’ufficio promozione, che comprendeva radio, TV e stampa, perché mi piaceva l’idea di mettermi al servizio di artisti talentuosi. Il presidente mi appoggiò in questa scelta, che ad oggi posso dire essere stata corretta.

Quando hai iniziato il digitale era solo uno sguardo verso il futuro e il presente erano i vinili e le cassette. Qual è il tuo pensiero su questa evoluzione e qual è il primo artista che hai seguito nel suo percorso?

Quando arrivò il CD ricordo che andai a casa di un amico che mi disse che doveva farmi vedere e qualcosa di speciale. Arrivato mi mostra una serie di CD e il primo che ho ascoltato era quello dei Dire Straits. Rimasi folgorato da questo nuovo supporto al punto che pensavo che sarebbe stato una cosa per pochi intenditori. Invece ha di fatto cambiato le sorti della discografia.

Sono comunque un amante dei vinili e proprio in questi ultimi anni sono tornato a riacquistarli perché quel tipo di suono e di intimità con la musica solo il vinile è in grado di dartelo. Il supporto digitale è sicuramente più comodo, ma per me che ho vissuto la “fisicità” del vinile è sicuramente un’altra cosa, anche se giustamente bisogna sempre guardare avanti. Per quanto riguarda il primo artista che ho seguito nel suo percorso, era Aida Cooper, che è l’attuale corista di Zucchero, con un pezzo del marito di Mara Maionchi, Alberto Salerno, dal titolo Questa Pappa Non Mi Piace. Il pezzo era bruttino ma ci misi tutta la mia passione per fare in modo che ottenesse il massimo.

Quando si arriva al punto di voler cambiare, come hai fatto tu passando dalla discografia alla direzione artistica di una radio?

Nel 2000 andai via dalla BMG, non perché mi trovassi male o non mi piacesse il lavoro ma semplicemente perché lavorando nella promozione ci volevano idee e soldi – e di questi ultimi ne circolavano sempre meno. Di conseguenza non ero più attratto dal modo standard che c’era per promuovere i nuovi dischi che consisteva nello spedire i CD e nient’altro.

Fino ad allora ogni giorno mi svegliavo con l’intento di inventarmi qualcosa di nuovo per fare in modo che il disco di questo o quell’artista funzionasse.

Ora la promozione viene fatta a costo zero, o quasi, dove c’è un talent o un evento musicale importante come Sanremo. Il motivo è quello che dicevo poco fa: non ci sono soldi. Di conseguenza nel momento in cui mi arrivò la proposta di Mario Volanti, presidente di Radio Italia, che mi proponeva la direzione artistica, per me era davvero stimolante un’avventura del genere.

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Qual è la maggiore differenza che hai riscontrato tra il punto di vista di un discografico che propone i brani alle radio e quello delle radio che invece ricevono determinate richieste?

Questa forbice si allarga sempre di più perché il discografico lavora in maniera standard con richieste pressanti e spesso non motivate. Non è possibile che tutti gli artisti proposti siano dei fenomeni. Capisco le difficoltà che hanno oggi i promoter perché si è abbassata la qualità ed è aumentato il numero. Ci provano con tutti e chi riesce a ottenere consensi lo “lavorano”. Di conseguenza anche per la parte radiofonica è davvero difficile scegliere su quali dischi puntare perché l’offerta è aumentata esponenzialmente. Ricevo 15/20 tracce al giorno da ascoltare e questo è anche dovuto al fatto che per realizzare un disco bastano poco più di 5mila euro.

Continua poi Antonio Vandoni

Sicuramente si possono commettere errori di valutazione. Sui grandi numeri – come le selezioni di un talent o di Area Sanremo, di cui mi sono occupato in prima persona – si può sbagliare nel non prendere un cantante che magari risulterà vincente negli anni a seguire.

Ora molte operazioni di artisti sono necessariamente legate anche a strategie di marketing che coinvolgono management, discografia, radio e agenzia di booking. Un bene o un male per la parte artistica?

È un male perché si confondono i ruoli, i lavori e le persone. L’espressione artistica non deve essere influenzata da attività che non riguardano l’arte e che decretano se un prodotto è bello o brutto. Ci sono campagne che legano un brano a una pubblicità al punto che anche se il pezzo è brutto ti entra così tanto in testa che diventa un successo. Io rimango un romantico di questo ambiente che spera sempre che ad emergere sia la musica (italiana in questo caso) migliore.

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L’artista che ti ha sorpreso di più e su cui non avresti scommesso?

Non avrei creduto che gli 883 avrebbero ottenuto il successo che prima in coppia e poi Max Pezzali da solo hanno avuto e stanno avendo. Ricordo bene che quando arrivò Hanno Ucciso l’Uomo Ragno lo considerai come il classico brano che sarebbe scomparso nel giro di poco settimane. Ancora oggi è uno dei brani più cantati durante i live di Max.

Antonio Vandoni, quali sono le persone a cui vuoi dire grazie per quello che la vita ti ha permesso di fare?

Partirei dal direttore generale della Ricordi, Fabio Boldi, il fratello del celebre Massimo, per arrivare a Mario Volanti, la persona che mi ha fatto veramente capire cosa mi piacesse fare nella vita. Dal 2000 sono a Radio Italia e mi ha sempre permesso di lavorare serenamente. Oltre ad essere un grande imprenditore ha la sensibilità e l’intuizione che servono per svolgere al meglio il suo lavoro.

L’evento a cui Antonio Vandoni è più legato?

Sicuramente il concerto di piazza Duomo di Milano, Radio Italia Live, che ogni anno regala grandissime soddisfazioni a tutti noi che ci lavoriamo ma anche a coloro che si esibiscono o che vengono a vederlo.

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