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La classica del futuro: indagine su un mondo musicale in fermento

Il repertorio di ascendenza colta interseca con successo le piattaforme digitali (streaming, social) e si apre alle contaminazioni, trovando un pubblico sempre nuovo. Come si muovono oggi gli italiani in un mondo tradizionalmente dominato dal Bel Paese?

Autore Federico Durante
  • Il3 Luglio 2023
La classica del futuro: indagine su un mondo musicale in fermento

Dardust

Se escludiamo il recente fenomeno Måneskin e i soliti grandi nomi (Ramazzotti-Pausini-Ferro in primis), a livello di scene organiche la musica italiana che fa scuola nel mondo è quella meno “pop”: elettronica da un lato, musica classica dall’altro. Si tratta peraltro di due mondi che – all’apparenza distanti – in realtà si corteggiano spesso, dando luogo a ibridazioni sempre nuove.

Da sempre patria della grande musica sinfonica e lirica, l’Italia da diverso tempo sa esprimere brillanti talenti legati a quella scuola nordeuropea che fonde stilemi di ascendenza tradizionale con una produzione iper-contemporanea: Dardust, Boosta, Alessandro Martire sono solo gli esempi più noti.

Su un versante più tradizionale, poi, in qualsiasi discorso sulla nuova creatività legata alla classica non si può prescindere da quell’eccezionale “case study” che è la carriera di Ludovico Einaudi, protagonista indiscusso non solo in Italia ma nel mondo, con numeri in streaming che farebbero gola a tanti rapper.

Streaming e social: un’opportunità per la musica classica

La musica classica – usiamo pure questo termine per semplicità, anche se impreciso – oggi si trova a un bivio, strattonata com’è sia dal peso dell’enorme patrimonio del passato sia dalla necessità di migrare anch’essa nel mondo digitale e di intercettare nuove fasce di pubblico.

Il processo è ancora in fieri e tutt’altro che scontato (a partire dalla persistenza di schemi mentali duri a morire), ma com’è noto la pandemia ha riacceso l’interesse di un pubblico anche giovane verso generi solitamente considerati “elitari” come la classica e il jazz (+17% fra gli under 35 fra aprile 2019 e aprile 2020, secondo una ricerca condotta all’epoca da Deezer).

Insomma, streaming e social rappresentano per la classica un’opportunità, più che un colpo mortale. E anche nel nostro paese nascono label espressamente dedicate all’esplorazione dei nuovi media e delle nuove esperienze artistiche.

L’esperienza di INRI Classic

È il caso di INRI Classic, sublabel del gruppo INRI/Metatron lanciata nell’ormai lontano 2016 in sinergia con Warner Music Italy sull’onda del successo di Dardust. «La nostra voce vive principalmente nel digitale», conferma il co-fondatore Pietro Camonchia. «Quando ci buttiamo nella realizzazione di prodotti fisici, preferiamo confezionarli in tiratura limitata. Prediligiamo il formato vinile a quello CD e andiamo in stampa solo se abbiamo una progettualità di tour legata agli artisti coinvolti».

Ma anche nel caso di etichette più tradizionali come Decca e Deutsche Grammophon quello del gap fra fisico e digitale è ormai un falso problema: «I supporti fisici sono molto meno importanti di quanto si pensi», spiega Mirko Gratton, managing director della divisione Classics & Jazz di Universal Music Italia, che comprende, fra le altre, le due storiche label. «Anche perché sono diminuiti tantissimo i punti vendita e gli assortimenti disponibili. Ne deriva che l’e-commerce ha un peso molto maggiore di alcuni anni fa. Difficile fornire dati, ma il consumo digitale ha sorpassato di gran lunga quello fisico, anche nella musica classica».

Semmai il tema si poneva agli albori dello streaming: «Le grandi piattaforme non sono state pensate per la musica classica», continua Gratton. «Ci sono stati problemi che solo in parte sono stati risolti: le difficoltà nella ricerca, dovute all’uso delle lingue e alla traslitterazione, l’assenza di informazioni sui cast, delle note di copertina, la qualità del suono. Ma piano piano gli utenti si stanno abituando e le piattaforme stanno cercando di sopperire ai problemi». Nel tempo sono anche nate piattaforme focalizzate sulla classica, come Idagio.

La competizione con la scuola nordeuropea

Se in campo sinfonico e lirico l’Italia rappresenta ancora un’indiscussa eccellenza mondiale, sul terreno delle nuove proposte il Made in Italy fatica a competere con altre “scuole” musicali, specie quella di ascendenza nordeuropea (con nomi come Nils Frahm e Ólafur Arnalds).

«La vera sfida è portare la musica dei nostri artisti e la nostra identità di label fuori dall’Italia e contemporaneamente aprirci alle collaborazioni con quante più voci possibili del panorama internazionale», dice Camonchia. Ma rimane importante un supporto anche istituzionale: «Negli ultimi anni molto è stato fatto da uffici di promozione come Italia Music Export e sono stati destinati fondi specifici per progetti classical-jazz. Questo è un buon punto d’inizio, che ci fa recuperare il tempo perduto rispetto a paesi che già da decenni attivano le stesse politiche».

Per una realtà completamente diversa come quella guidata da Gratton la sfida per il futuro è di ordine più culturale: «Convincere il pubblico dello streaming che la musica classica non è solo musica per concentrarsi o rilassarsi ma ha una grande varietà di contenuti. È espressione di filosofie, di valori, di epoche».

Musica classica - Andrea Chiarini
Andrea Chiarini

Andrea Chiarini, il chitarrista-influencer

Al di là del passaggio obbligato dello streaming, la classica oggi può trovare un efficace veicolo anche presso un mondo apparentemente all’opposto di quei contenuti di cui sopra: i social. Il chitarrista classico Andrea Chiarini (roster INRI Classic) un anno fa, incoraggiato dalla moglie, ha iniziato quasi per gioco a pubblicare video su TikTok. Oggi il suo profilo conta 83mila follower, più 133mila su Instagram.

È di fatto un influencer, a modo suo, reso unico dal connubio fra un look da trapper, il virtuosismo, il repertorio classico e un innato umorismo. Infatti si è approcciato a quel mondo «con spirito ironico, unendo due mondi che ho dentro: uno classico istituzionale e l’altro folle, imprevedibile e di rottura, in tutti i sensi».

I riscontri sono arrivati molto presto, e da tutto il mondo. Il suo pubblico è un variegato amalgama: «Sono ragazzi appassionati di musica classica, moltissimi vengono dal rock e le due cose non si escludono a vicenda, anzi: per i chitarristi è quasi normale fondere questi due mondi», spiega Chiarini, che ha pubblicato da poco l’EP The Devil’s Guitarist. «Altri sono illustratori, appassionati d’arte e di natura, molti ascoltano rap ma apprezzano lo stesso la chitarra. Altri sono goth – me compreso, per certi versi».

Musica classica - DiMaio
DiMaio

DiMaio e il patrimonio della lirica

Un altro artista INRI Classic capace di rompere gli schemi in maniera immediata, evidente, è DiMaio, artista classe 1978 scoperto dal grande Luis Bacalov e prodotto negli anni da nomi del calibro di Dardust (come per l’esordio Debut) e il maestro Carmelo Patti (per l’ultimo singolo Prometto): il controtenore propone un originale crossover fra lirica e suggestioni elettroniche.

«Dal mio primo album ho notato che il mio pubblico è variato, si sono appassionati anche coloro che all’inizio erano rimasti più scettici», racconta. «La mia vocalità da controtenore riporta al passato e non tutti la comprendono se portata fuori dal repertorio classico barocco».

Sulla scommessa di una proposta artistica come la sua aggiunge: «So perfettamente quanto sia ambizioso e difficile trovare il proprio spazio quando si rompono delle regole, soprattutto nel mondo della classica, dove spesso si rimane legati a una mentalità tradizionalista. Il mio progetto è nel mezzo tra il pop e il classico: sarà il pubblico a scegliere quali opportunità darmi».

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Ludovico Einaudi (foto di Gavin Bayliss)

Ludovico Einaudi, eccellenza della musica classica contemporanea

Come dicevamo, parlando di classica oggi non si può non menzionare Ludovico Einaudi, un’eccellenza mondiale – oltre che una potenza in streaming: si stima che nel Regno Unito uno stream su dieci di musica classica sia generato da lui – che pubblica proprio con Decca.

«In fondo siamo tutti un po’ figli di Einaudi e – volendo – nipoti di Morricone», ammette Camonchia. «Il suo talento e il suo successo globale hanno creato una sorta di massa critica diventata poi impossibile da ignorare».

Gratton aggiunge: «Ha creato con perseveranza e determinazione un filone musicale che tanti cercano di imitare, ma a cui ha conferito caratteri di unicità incontestabili. Si tratta di un artista assai geloso della propria indipendenza: Decca lo affianca garantendogli completa autonomia artistica e mettendo a disposizione il proprio know-how per la distribuzione sia fisica che digitale».

Il futuro della classica insomma passa dalle piattaforme digitali e – perché no – anche da quegli artisti mainstream che flirtano intelligentemente con essa, come riassume Camonchia: «Artisti come Lazza (con la versione Concertos del suo album Sirio, ndr) hanno aperto strade inesplorate e fatto cadere barriere. Abbiamo imparato anche noi a fare scouting su TikTok, incrociando le tendenze delle nuove generazioni. Credo che grandi opportunità arriveranno dalla rinascita del mercato dei contenuti audiovisivi grazie all’esplosione delle piattaforme, che potrebbero essere un perfetto banco di prova per giovani compositori».

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