Alle radici della radiovisione: una conversazione con Lorenzo Suraci
Il presidente di RTL 102.5 ci racconta la lontana genesi di un medium oramai di altissimo gradimento da parte degli italiani
Recenti sondaggi evidenziano come la radiovisione sia un medium sempre più apprezzato dagli italiani. Lorenzo Suraci, presidente del gruppo RTL 102.5, nonché deus ex machina della radiovisione, ci racconta la lontana genesi di questa “invenzione” – nata dopo una notte a Las Vegas e una grande caparbietà – oramai di altissimo gradimento.
Durante queste settimane ti abbiamo letto spesso in interviste per l’enorme successo della radiovisione, come si evince da uno studio appena pubblicato dal Censis. Ho notato due aspetti che ricorrono nelle tue dichiarazioni. Uno squisitamente tecnologico: la liberazione dell’ascoltatore dalla dipendenza da un mezzo specifico. L’altro più legato a un concetto estetico: l’importanza della sostanza e non della forma. Ecco, vorrei un attimo tornare alle radici di questo successo tecnologico ma anche estetico. Gli studi radiofonici total black, l’essenzialità su tutto, pochi orpelli e una continua interazione con gli utenti.
Questa visione precisa che tu nomini ha le sue radici ben vent’anni fa. È stato un percorso lungo prima di arrivare a quello che vedi oggi. Francamente per me tutto questo è stato vissuto come una grande normalità da noi. Almeno fino a qualche settimana fa, perché di sicuro questa ricerca del Censis ci ha “smarcato” sul mercato, ha confermato la bontà del nostro progetto. La radiovisione è nata dalla volontà di fare radio con tutta l’evoluzione tecnologica che potevamo avere a disposizione.
Vent’anni fa, quando andai la prima e unica volta a Las Vegas, al NAB Show – un’importante fiera prodotta dalla National Association of Broadcasters – per capire le novità sul mondo della radiofonia, mi accorsi che si parlava solo di immagine in relazione alla radio, come se questo mezzo fosse quasi inesistente. Fu un’illuminazione. Anche se noi italiani eravamo all’epoca molto più avanti degli americani rispetto alla telefonia mobile: giusto per farti un esempio, noi giravamo per Las Vegas con quei “telefononi” e funzionavano anche chiamando l’Italia mentre eravamo laggiù, cosa non scontata, e li utilizzavamo la sera per ritrovarci e andare a cena…
Pensai allora che i messaggini, gli SMS che poi spesso arrivavano dai nostri ascoltatori, sarebbero potuti diventare un’interattività intelligente a disposizione dei conduttori e immaginai di spostarli su un’altra interfaccia come quella televisiva, ispirandomi proprio alla vittoria dell’immagine sul mezzo radiofonico nel NAB Show. In quel momento nacque l’embrione della radiovisione.
Diciamo allora che dagli SMS e da un viaggio a Las Vegas prende vita tutto il tuo viaggio verso la radiovisione…
Assolutamente. Io mandai alla fine del 2000 una mail a una nostra cara responsabile ex dirigente di Coca Cola: “Soffiantini, fra una settimana partiamo con il primo canale per giovani via satellite 102.5 Hit Channel!”. (L’esordio ufficiale, dopo alcune settimane di sperimentazione, avvenne il 15 febbraio 2001 con Ringo, già in onda in precedenza sulla prima rete RTL 102.5, ndr) Ecco, quel giorno nacque la prima radio e TV satellitare. Ovviamente era possibile vederla all’epoca tramite un decoder.
La cosa era affascinante perché vedevamo l’interazione dei nostri disc jockey, come Federico l’Olandese Volante, con gli SMS che venivano visualizzati. Si differenziava dai canali video musicali perché, per esempio, Videomusic mandava una sequenza di video senza quel tipo di coinvolgimento del pubblico. In questo tipo di contesto – e sotto la direzione artistica di Claudio Cecchetto – nacquero subito dei fenomeni nazionali come nel 2003 DJ Francesco, per esempio, con La Canzone del Capitano, che la gente che aveva conosciuto proprio tramite i programmi su 102.5 Hit Channel.
La radiovisione come termine però la fai nascere nel 2005.
Sì, ma ripeto, nel 2001 prende già forma quello che sarebbe stato il futuro. E nel 2005 prende forma anche per reazione a un grande problema. Considera che in quel lasso di tempo avevo cominciato a comprare frequenze in tutta Italia, stavo assumendo ben 140 persone. Il governo di allora (mi ricordo ancora il nome dell’onorevole Vincenzo Maria Vita) mi bloccò perché emanarono un decreto – che poi risultò illegittimo – che vietava alle radio locali di assumere una denominazione di una radio nazionale, quindi per me fu un problema. Fu una legge iniqua ed ero sull’orlo di chiudere tutto, ma fu in quel momento che presi tutte le frequenze FM acquisite, le riconvertii tutte su RTL 102.5 e contemporaneamente feci nascere la prima radio satellitare RTL 102.5, la radiovisione.
Quindi da una difficoltà è nata una vittoria.
Comunque ci ho messo molto tempo per convincere i miei conduttori che stavamo percorrendo una strada nuova. Mi ricordo che Jennifer Pressman si metteva sempre di profilo… e con quella massa di capelli che ha sembrava una leonessa. Poi tanti erano convinti che la radio fosse il “teatro della mente” ed era complicato scalzare tutti quei preconcetti in chi faceva quel mestiere da anni. Per di più io non volevo replicare i format televisivi. Dovevamo fare qualcosa di innovativo, di particolare e non volevo assolutamente niente di registrato e di finto come accade spesso in TV. Volevo tutto live: se quel giorno ti presentavi in studio con la barba lunga, pazienza. Sempre però con la regola di essere presentabili e decorosi.
Mi piace il fatto che poi davvero alla fine tu ti affidi a degli autentici conduttori radiofonici, che spesso lavorano in coppia o anche in solitario come sugli altri canali, ad esempio Radiofreccia. È come se tornassi alle radici, a Lupo Solitario.
Sono tutte radiofoniche le nostre persone. Prendi il caso di Fernando Proce, che è stato tantissimo da noi. Gli avevamo affidato una trasmissione costruita a misura su di lui ma poi, uscito dal nostro gruppo, è diventato uno dei tanti. Questo vuol dire che non è facilissimo replicare il nostro sistema…
La radiovisione non è un surrogato della TV. E in televisione ci sono gli scenografi, gli autori, insomma centomila figure per mandare avanti un programma. Noi su RTL 102.5 abbiamo un paio di registi che si alternano ma su Radiofreccia, Radio Zeta, e RTL 102.5 News è tutto in automatico sia dal punto di vista tecnico, che gestionale dentro lo studio. I conduttori seguono una certa scaletta su computer che gli dà tutti i tempi ma sono loro i registi di se stessi.
Facciamo un passo indietro. Quando nacque la televisione, la Rai abbandonò totalmente la radio. Da bambino mi ricordo che ascoltavo programmi come Il Musichiere con Gino Bramieri. I programmi della televisione di allora si costruirono proprio amplificando con budget e mezzi, quelli della radio. Fare radio è per un certo verso semplicissimo ma anche molto difficile. Perché per me la radio deve essere sempre fatta dal vivo in diretta, e non è un mestiere per tutti fare la radio in diretta…
Ma tu ti senti sempre sicuro di te stesso?
Così come sono capace di far lavorare gli altri, io invece mi sento in difficoltà se devo preparare qualcosa per parlare di me stesso, per esempio in TV. Mi è successo di recente durante un collegamento con Sky News… Ma sai cosa mi ha fatto pensare questa cosa? Che bisogna avere un enorme rispetto di quel microfono che hai davanti, bisogna saperlo utilizzare con il cervello. C’è un’enorme responsabilità.
Infine, apprezziamo la tua attenzione verso le nuove generazioni non solo di ascoltatori ma anche di conduttori. Vuoi dirci qualcosa a tal riguardo?
Io ho grande rispetto per tutti i nostri conduttori. Molti sono nati e cresciuti con noi, alcuni sono andati via e altri sono rientrati alla base, come Luca Viscardi che iniziò con me quando aveva vent’anni. Ma con RTL 102.5 News abbiamo creato una fucina di nuovi conduttori. Ho un’attenzione fortissima per le nuove generazioni. Come hai visto sin dall’inizio della creazione della radiovisione, sono stato sensibile alle nuove evoluzioni tecnologiche e sarebbe strano non essere anche attento ai cambiamenti di gusto nel corso del tempo.
Per questo motivo mi piace far crescere tramite i nostri canali anche nuovi conduttori e giornalisti. Non bisogna avere la testardaggine di seguire un format anche quando ti accorgi che sta invecchiando. Ed ecco che mi sono creato dei satelliti attorno a RTL 102.5 – come per l’appunto RTL News – con ragazzi di vent’anni che hanno un bel profilo e sono già ben istruiti e che si mettono in gioco per noi, raccomandandoci di comunicare sempre con il sorriso, ancor più dopo un periodo pandemico.
A proposito, in un periodo come questo abbiamo avuto la possibilità di provare una trentina di ragazzi. Ovviamente poi c’è una scrematura, sceglieremo i più talentuosi. Così è successo in precedenza, per farti un esempio, con Enrico Galletti che conduce Non Stop News dal lunedì al giovedì, il nostro programma di informazione più importante. E si è dimostrato all’altezza.
Ecco, per chiudere… Puoi capire quanto sono innamorato del mio mestiere dal fervore con il quale ne parlo dopo tutti questi anni.