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Randall Poster, il music supervisor più richiesto racconta il suo mestiere

Ha lavorato per grandi cineasti come Wes Anderson, Martin Scorsese e Noah Baumbach. In quest’intervista parla dello stato del suo lavoro, anche in considerazione del lungo sciopero a Hollywood e del sempre più frequente uso delle sincronizzazioni

Autore Billboard US
  • Il26 Settembre 2023
Randall Poster, il music supervisor più richiesto racconta il suo mestiere

Randall Poster (foto di Nina Westervelt)

Siamo Entrati nel National Arts Club, costruito in pietra arenaria in stile neogotico vittoriano nel Gramercy Park di Manhattan. Dopo aver salito quattro rampe di scale tortuose ed essere passati attraverso la Pastel Society of America, siamo finalmente negli uffici di Randall Poster, il music supervisor di lunga data del regista Wes Anderson.

Sebbene nell’estate del 2023 Hollywood sia stata bloccata per il noto sciopero, Randall Poster, direttore creativo di Premier Music – agenzia di supervisione musicale focalizzata sulla pubblicità – è più impegnato che mai. Intanto, notizia di stretta attualità, sappiamo anche che è stato raggiunto un accordo provvisorio tra gli sceneggiatori e gli studi cinematografici, i servizi di streaming e le società di produzione.

I progetti cinematografici di Randall Poster per i prossimi mesi includono la supervisione musicale per The Wonderful Story of Henry Sugar di Wes Anderson, Priscilla di Sofia Coppola, Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese, così come Joker: Folie á Deux di Todd Phillips e Hit Man di Richard Linklater. E questo è solo il lavoro quotidiano di Randall Poster come music supervisor.

Nel mezzo della pandemia, una nuova passione è diventata una vocazione quando Randall Poster ha avviato il Birdsong Project, arruolando il suo gruppo eterogeneo di amici artisti per creare musica ispirata o incorporante il canto degli uccelli. Il risultato: For the Birds, un cofanetto di 20 album contenente 172 nuovi brani musicali e 70 opere di poesia (tutti i proventi vanno alla National Audubon Society).

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Un campione della vasta collezione di dipinti di musicisti di Dan Melchior, parte di una serie in corso, insieme a un uccello in ceramica di Ginny Sims (foto di Nina Westerwelt)

L’intervista a Randall Poster

Che impatto ha avuto lo sciopero sulla vostra attività?

Ci sono alcuni film su cui sto lavorando che non possiamo finire perché non riusciamo a convincere gli attori principali a fare la sostituzione automatizzata dei dialoghi. E poi ci sono film che avrebbero dovuto iniziare in autunno. Penso che a tutti non sia chiaro come andrà a finire.

Non parlo con molti altri supervisori musicali, ma per le persone che stanno semplicemente tirando avanti nella supervisione musicale, la chiusura a causa degli scioperi è comunque un qualcosa di brutale.

Circoscrivendo la cosa ai dipartimenti musica, ci sono state restrizioni tra gli streamer, ma non sono sicuro che queste siano state supportate da chi ha fatto lo sciopero, almeno fino a questo punto. Ma se ci focalizziamo sui progetti a breve termine, sono comunque impegnato. E la nostra azienda, in termini di lavoro pubblicitario, per fortuna è stata molto attiva.

Anche nell’industria musicale, penso che in pochi capiscano molto bene cosa fa effettivamente un supervisore musicale. Come lo spiegheresti?

Considero il mio lavoro come quello di un regista. Non sono solo una persona che si “occupa della musica”. Io uso, trovo della musica per raccontare al meglio una storia, per compensare dove la storia ha bisogno di un po’ di aiuto.

Ho un rapporto davvero schietto e fluido con i registi e i produttori con i quali lavoro. Le persone mi dicono spesso: «Oh, Randall Poster è quello che sceglie la musica per i film di Wes Anderson», ma non scelgo io la musica. Non voglio essere quello che lo fa. I registi scelgono. Io posso offrire delle opzioni e magari avere una lunga conversazione, ma idealmente un film è una creazione del regista.

Quando le persone escono dai film su cui lavoro e dicono: «La musica era la parte migliore», non è proprio una vittoria per me. Quando la gente dice: «Non ricordo nemmeno la musica», a volte questo è il miglior servizio che puoi rendere al film, perché è un qualcosa di intimamente connesso con l’opera filmica.

Come si svolge una normale giornata di lavoro?

Bisogna sempre fare un check per assicurarsi che ci concedano i diritti. C’è sempre da lavorare sulle scene di un film, inserendo diverse opzioni di canzoni. C’è da telefonare alle case discografiche e agli editori per vedere se riesco a ridurre il differenziale di prezzo tra ciò che vogliamo pagare e quello che ci chiedono.

Bisogna contattare gli artisti – e i loro manager – per vedere se sono interessati a registrare della musica originale. Dobbiamo prendere in considerazione gli spunti che arrivano dai compositori. E poi, creare delle playlist per i registi, soprattutto quando si avvia un nuovo progetto, usare la musica per stabilire un dialogo.

Descrivere ciò che fa la musica è molto difficile e le parole non significano necessariamente le stesse cose per tutti, ma se riesci a relazionarti tramite le canzoni, puoi raggiungere una particolare atmosfera che piace al regista. Inoltre, così ottieni dei feedback dai registi, tipo: «Funziona o non funziona. C’è forse troppa musica nel film? Non c’è abbastanza musica?». A volte il mio ruolo è anche di proteggere i silenzi.

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Da sinistra: un dipinto dell’artista Henry Miller fatto dall’artista country Jim Reeves; una scultura di uccello in ceramica di Joseph Dupré; un dipinto della band di Buck Owens, The Buckaroos, di Ashley Bressler, uno dei tanti artisti che Poster ha scoperto su Instagram (foto di Nina Westerwelt)

Il boom delle vendite dei cataloghi musicali ha influito sui vostri profitti?

Quando alcuni cataloghi erano tenuti dall’artista o da un gruppo, c’era un po’ più di flessibilità. Se un’azienda paga 500 milioni di dollari per un asset non può concedere in licenza qualcosa a una tariffa che loro definirebbero “imbarazzante”. E così dicono: «Lo concediamo in licenza solo per 10mila dollari; perché ci vorranno 200 anni per recuperare il nostro investimento!».

D’altra parte, ho sempre la sensazione, soprattutto con i cataloghi più vecchi, che l’uso in un film aprirà a un nuovo pubblico la musica di quell’artista, sia che si tratti di reazioni del tipo: «Oh, quello è Rod Stewart?», oppure «Wow, avevo un’idea di come fosse Janis Joplin, ma ne sono sorpreso».

Interagire con un’azienda è certamente meno personale che lavorare direttamente con editori e autori?

Vorrei in effetti che le cose fossero più umane e meno aziendalistiche, ma ho visto le cose cambiare in questa direzione durante tutta la mia carriera. Prima avevi 12 società da cui prendevi in licenza la musica, poi vedevi che due società si fondevano e intanto tagliavano metà del personale.

Molte volte ciò che dobbiamo fare è convincere queste aziende a stabilire una connessione vera e non anonima. Potrebbe avere un risvolto anche divertente, una sorta di lavoro investigativo che serve per scoprire chi possiede i diritti su qualcosa.

Vorrei solo che le aziende musicali avessero una maggiore comprensione del processo di realizzazione di un film. Spesso non è solo necessario che il prezzo sia giusto, ma è anche necessario ricevere una risposta tempestiva. Fammi un prezzo, dammi solo una risposta.

Il business della sincronizzazione è davvero enorme. Per caso vendono proposte anche a te?

Sì, sono in tanti a farlo nonstop. Ci sono persone che rispetto e di cui mi fido, e la mia risposta è sempre: “Voglio ascoltare tutto ciò che pensi sia fantastico, ma voglio solo trovare la musica giusta”. Sembrerà orribile, ma non faccio alcun favore a nessuno. Ti farò un favore nella vita come amico, ma non metterò la musica in un film perché sono legato a qualcuno.

Sicuramente archivio delle cose per il futuro. Potrei amare una canzone ma non avere il film giusto per essa. Al momento sto lavorando su cose degli anni ’20 e ’50, pezzi d’epoca.

Come cerchi nuova musica?

In qualsiasi modo: attraverso i social media, leggendo la stampa musicale tradizionale, seguendo consigli… Ho due figlie a cui piace molto la musica. Gli artisti ti portano ad altri artisti. Sono stato molto riluttante a utilizzare un algoritmo per trovare musica. Probabilmente in certi momenti ne trarrei beneficio, ma mi piace scoprirla da solo.

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Una replica in cartone dell’auto della polizia del film Blues Brothers, fatta dall’artista Richard Willis (foto di Nina Westerwelt)

A proposito di scoperte, come ti è venuta l’idea del Birdsong Project?

Sono un ragazzo di New York, non un nature boy. Ma durante la pandemia eravamo tutti tranquillizzati dal modo in cui la natura sembrava fare il suo dovere, non intaccata dal virus. Molti dei miei amici notavano che c’erano così tanti uccelli.

Un’amica con cui lavoro, Rebecca Reagan, che vive in California ed è molto più coinvolta nelle cause legate alla natura, mi consigliò: «Dovresti convincere tutti i tuoi amici musicisti a creare musica che ha che delle connessioni con il canto degli uccelli. Sarebbe un ottimo modo per attirare con gioia l’attenzione della gente non solo sulla bellezza e la varietà degli uccelli, ma anche sulla crisi ambientale che causa problemi alla specie. Sarebbe un modo non politico per attirare le persone a proteggere gli uccelli».

Ho scoperto che nella maggior parte dei casi nessuno vuole veder morire gli uccelli. È un modo per riunire le persone in una comunità, cosa che altrimenti sembra difficile. La risposta degli artisti è stata molto positiva e ho continuato ad andare avanti con il Birdsong Project.

Quali sono le tue ambizioni per il progetto?

Mi piacerebbe vederci adottati dalla comunità musicale come hanno fatto con la TJ Martell Foundation.  L’etichetta Erased Tapes ha dieci artisti nella compilation, quindi nel 2024 faranno un album Birdsong prendendo i loro artisti e remixandoli, e mi piacerebbe collaborare con altre etichette in modo che la cosa si diffonda. Penso che saremo pronti nel 2025 per fare, si spera, un grande concerto di Birdsong, magari a Central Park.

A questo punto della tua carriera sei una specie di leggenda della supervisione musicale. Come consigli i giovani che vogliono fare quello che fai tu?

Li incoraggio a trovare i loro coetanei che vogliono fare film e ad impegnarsi. Non è mai stato così facile fare film. Così è praticamente successo a me con Wes Anderson. Wes e io eravamo quei ragazzi. Fai il massimo per creare ed essere creativo.

Quando mi chiedono la differenza tra come lavoro adesso e come lavoravo 25 anni fa, beh, probabilmente piango un po’ meno, nel senso che quando un regista non sceglie una canzone che ritengo giusta, ho di più di una reazione equilibrata. Sono ancora pronto per le battaglie, però. E si spera che le persone vogliano lavorare con me perché non sono un “passacarte”. Dobbiamo lottare per ogni segnale.

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