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Intelligenza artificiale: i grandi del tech contro le tutele di copyright dell’UE

L’accusa è di “sovra-regolare” il settore. Le lobby lavorano dietro le quinte per allentare le misure di protezione dei creator e dei titolari di diritto d’autore

Autore Billboard US
  • Il20 Luglio 2023
Intelligenza artificiale: i grandi del tech contro le tutele di copyright dell’UE

Illustrazione di Pete Ryan

Quando nel 2021 l’Unione Europea annunciò l’intenzione di regolare l’uso di intelligenza artificiale, i legislatori cominciarono a mettere in guardia da sistemi “ad alto rischio” che potrebbero mettere a repentaglio i diritti umani, come la sorveglianza biometrica e predittiva.

Nella preoccupazione di artisti e titolari di diritto d’autore sul potenziale impatto dell’intelligenza artificiale sul settore creativo, comunque, i legislatori dell’UE ora guardano all’intersezione di questa nuova tecnologia con il tema del copyright.

L’Artificial Intelligence Act dell’Unione Europea

L’Artificial Intelligence Act dell’Unione Europea, al momento in fase di discussione, è la prima legislazione organica al mondo a regolare l’uso dell’intelligenza artificiale. Oltre a proibire “utilizzi invasivi e discriminatori” della tecnologia, l’attuale versione della legge si concentra specificamente sull’AI generativa, imponendo alle aziende di dichiarare i contenuti creati con intelligenza artificiale per distinguerli da quelli creati da esseri umani.

Altre misure di tutela previste dalla legge richiedono alle aziende che usano AI generativa di fornire i dettagli delle opere protette da copyright (fra cui quelle musicali) con cui hanno addestrato i propri sistemi. Se approvata, la legge si applicherebbe direttamente a tutti e 27 gli stati comunitari.

I dirigenti musicali hanno iniziato a prestare maggiore attenzione alla legge dopo il lancio di ChatGPT lo scorso novembre. Ad aprile, più o meno quando i problemi legati all’AI divennero palesi con Heart on My Sleeve, traccia che imitava parti vocali di Drake e The Weeknd, le lobby dell’industria hanno convinto i legislatori ad aggiungere garanzie di trasparenza.

Il punto di vista dei giganti tech

Finora le grandi aziende tech come Alphabet, Meta e Microsoft hanno dichiarato pubblicamente di supportare la regolamentazione dell’intelligenza artificiale, perlomeno in teoria. Tuttavia, svariati dirigenti della music industry hanno detto a Billboard che i grandi del tech stanno cercando di allentare tali obblighi di trasparenza sostenendo che esse potrebbero mettere gli sviluppatori di AI europei in condizioni di svantaggio competitivo.

Vogliono codici etici”, non leggi vere e proprie, “e forme di regolamentazione molto leggere”, dice John Phelan, direttore generale di ICMP, associazione internazionale di editori musicali.

Un altro argomento è che la dichiarazione dei dati sull’addestramento dei sistemi “essenzialmente vorrebbe dire fornire un riassunto di mezzo internet, o anche tutto”, dice Boniface de Champris, policy manager della Computer and Communications Industry Association Europe, che include Alphabet, Apple, Amazon e Meta fra i propri membri. “Le leggi comunitarie esistenti in tema di copyright coprono sufficientemente le applicazioni dell’intelligenza artificiale”.

Il caso di ChatGPT

A maggio Sam Altman, CEO di OpenAI, l’azienda che ha sviluppato ChatGPT, si è distinto come il critico di più alto profilo delle proposte dell’Unione Europea. L’ha accusata di “sovra-regolare” il nascente business. Ha detto che la sua azienda, che è supportata da Microsoft, potrebbe anche lasciare l’Europa qualora non fosse in linea con le leggi, prima di ritrattare tutto in una dichiarazione di pochi giorni dopo.

Open AI e altre aziende del genere sono riuscite a far modificare una prima bozza della legge. I “sistemi di AI di utilizzo generale” come ChatGPT non sono più considerati ad alto rischio, dunque non sono soggetti a misure più restrittive, secondo documenti che Time ha ottenuto dalla Commissione Europea. OpenAI non ha risposto alla richiesta di commenti da parte di Billboard.

La direttiva europea sul copyright

L’attività di lobbying sull’AI richiama altri analoghi confronti fra i media e le aziende tech, soprattutto quelli sulla direttiva europea del copyright, approvata nel 2019. Se quella “fu fatta passare come ‘YouTube contro l’industria musicale’, la narrazione adesso è scivolata sull’AI”, dice Sophie Goossens, avvocato dello studio Reed Smith. “Ma il punto di vista dei titolari di copyright è più o meno lo stesso: vogliono che le grandi aziende tech la smettano di guadagnare grazie ai contenuti da loro creati”.

Molte tutele della direttiva copyright parlano di intelligenza artificiale, come un’eccezione riguardante il mining di testi e dati di contenuti con copyright, come la musica, in alcuni casi. Un’altra eccezione consente alle istituzioni scientifiche e di ricerca di svolgere quel tipo di attività su opere alle quali hanno legittimo accesso.

Il confine fra ricerca e business

Finora il dibattito sull’intelligenza artificiale generativa negli Stati Uniti si è concentrato sulla possibilità o meno per i performer di sfruttare le leggi statali sul “right of publicity” per proteggere la propria voce e la propria immagine (il cosiddetto “lato output” dell’AI). Per converso, sia la direttiva copyright che la legge sull’intelligenza artificiale si concentrano sul “lato input”, ovvero i modi in cui gli aventi diritto possono impedire ai sistemi AI di usare i loro contenuti per l’addestramento o limitare quelli che possono farlo.

Un’altra fonte di tensione creata dalla direttiva copyright è la potenziale cancellazione del confine fra istituzioni di ricerca e imprese commerciali. Microsoft, per esempio, parla del proprio progetto Muzic come “un lavoro di ricerca su AI e musica”. Google regolarmente crea partnership con enti accademici, scientifici e di ricerca per lo sviluppo di tecnologie, fra cui l’AI.

Per evitare potenziali vuoti legislativi, Phelan vuole che i legislatori rafforzino gli obblighi di trasparenza, richiedendo specifici dettagli su tutta la musica utilizzata per l’addestramento anziché il “sunto” che al momento viene richiesto.

IFPI guarda a tali misure di trasparenza come a “un passo significativo nella giusta direzione”, come dice Lodovico Benvenuti, managing director della divisione europea, aggiungendo che spera che i legislatori non indeboliscano quegli aspetti.

Unione Europea e intelligenza artificiale: una legge di risonanza globale

Gli effetti della legge sull’intelligenza artificiale saranno avvertiti anche ben al di fuori dell’Europa. In parte perché si applicano a qualsiasi azienda che operi nell’UE e in parte perché si tratta della prima legislazione organica sull’utilizzo di questa tecnologia.

Negli Stati Uniti l’amministrazione Biden ha incontrato i dirigenti delle grandi aziende tech per discutere l’utilizzo dell’AI ma deve ancora abbozzare una strategia di legislazione. Il 22 giugno, il leader della maggioranza al senato, Chuck Schumer, ha detto che stava lavorando su una legislazione bipartisan “fin troppo ambiziosa”, ma l’acuirsi delle divisioni politiche in vista delle prossime elezioni presidenziali potrebbe rendere il tutto difficile.

La Cina ha rivelato una bozza di legge ad aprile, ma difficilmente altri governi vedranno quello cinese come un possibile modello.

“Il resto del mondo ha gli occhi puntati sull’Unione Europea perché sta indicando la via per la regolamentazione dell’AI”, dice Goossens. “Sarà una pietra miliare”.

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