Virgin Records, mezzo secolo e non dimostrarlo
La label fondata da Richard Branson si appresta a tagliare l’importante traguardo dei 50 anni di storia. Nel nostro paese, all’interno della famiglia Universal Music, la guida Mario Sala, che ci racconta la sua storia
Sono quasi 50 anni di musica. In tutti questi lustri la Virgin ha segnato la storia della musica occidentale, spesso con uscite coraggiose anticipatrici di nuove mode e stili musicali. Giusto per citare alcuni movimenti sui quali si è distinta: prog, reggae, punk, new wave, trip hop, house… Una sensibilità per le sfide sicuramente ereditata dal suo fondatore, il visionario imprenditore Richard Branson. Siamo vicini al rotondo anniversario e questa storica label è proprio in fase di nuovo rilancio e cambiamenti. Anche grazie alla spinta della casa madre, Universal Music Group, che da poco tempo ha dato via al lancio di Virgin Music Label & Artist Services.
Come molti di voi sanno qui in Italia, dal 2018 c’è stata una nuova organizzazione del frontline in Universal Music. A capo della gestione del repertorio di Virgin Records c’è una persona di grande esperienza come Mario Sala. Il direttore di Virgin Records Italia ci racconta qui il suo percorso professionale.
La creatura di Richard Branson
Sono quasi cinquant’anni che esiste Virgin Music, creata dal genio imprenditoriale di Richard Branson nel 1972.
Per anni è stata il simbolo di una discografia che anticipava le mode e dava voce a generi inizialmente non considerati dall’industria musicale ufficiale.
Un esempio perfetto è il primo album pubblicato dalla Virgin, il leggendario Tubular Bells. Rifiutato da altre etichette dell’epoca, finì per diventare un bestseller globale della musica progressive.
Per tutti gli anni ’70 proseguì questa ricerca di generi non propriamente sfruttati dalle altre multinazionali. Virgin si distinse per la sua presenza in ambito Krautrock (Tangerine Dream, Faust) e soprattutto nel punk.
Grazie a Richard Branson i Sex Pistols, appena scaricati dalla EMI e dalla A&M per lo scandalo creato dalle loro prime uscite discografiche e promozionali, riuscirono a pubblicare il manifesto del punk Never Mind the Bollocks. Branson fu fisicamente presente insieme a Malcolm McLaren nella famosa crociera sul Tamigi durante il giubileo della regina per il lancio di God Save the Queen.
Richard Branson affermava: “Disruptive innovation is not a tactic. It is a mindset”. Tra i normali alti e bassi nella storia di una label, Virgin è riuscita a tener fede a questo motto fino ai nostri giorni.
Virgin Records Italia: la prima fase
Dei quasi cinquant’anni di vita, metà li ho vissuti anch’io, avendo iniziato sul finire del 1996. In quell’anno mi ero appena laureato all’Università Bocconi. Ma al contrario dei miei compagni che ambivano a una carriera nell’alta finanza, io avevo le idee chiare. Sognando di lavorare in discografia spesi più di un anno per scrivere la mia tesi dal titolo “Diffidenza e attrazione tra major e indie nel mercato discografico italiano”. Ecco che Virgin era proprio la soluzione ideale per me. A quel tempo infatti era considerata la più indie delle major e la più major delle indie. Grazie all’allora presidente Riccardo Clary coronai il mio sogno.
Fortuna vuole che quegli anni siano stati indimenticabili per Virgin in Italia e all’estero. Facendo fede alla sua vocazione, Virgin portava al successo mainstream degli artisti non propriamente pop. Da UK arrivarono Chemical Brothers, Massive Attack, The Verve e Placebo (non chiedete a Brian Molko chi l’ha incitato a fare “qualcosa di rock” sul palco di Sanremo nel 2021…). Dalla Francia, Daft Punk, Air, Manu Chao. Dagli USA, Smashing Pumpkins, Ben Harper e così via.
Certo… poi le Spice Girls non assomigliavano alle Slits. Ma anche le loro canzoni super pop avevano un’innegabile qualità che le ha rese icone globali.
In Italia Virgin dava spazio ad artisti destinati a durare nel tempo come Niccolò Fabi, Tiromancino e Max Gazzè (questi ultimi due ancora orgogliosamente Virgin).
Erano anni in cui tutto sembrava possibile. Dal provare per divertimento a lavorare il mitico Tonino Carotone e ritrovarselo ai vertici delle classifiche. Fino all’assecondare Peter Gabriel per la sua performance sul palco di Sanremo all’interno di un’enorme sfera di plastica.
Con la fusione totale con EMI Italia dal 2002, il brand Virgin viene progressivamente messo da parte, facendo però in tempo a comparire su importanti progetti di artisti come Subsonica, Caparezza, Club Dogo, Planet Funk, Mondo Marcio, Marlene Kuntz…
La seconda vita di Virgin Records Italia
Nel 2018, con la decisione del presidente di Universal Music Italia Alessandro Massara di suddividere il repertorio frontline dell’etichetta in tre diverse label, Virgin è ritornata ad essere un’entità autonoma in compagnia di Island e Polydor.
Tutt’oggi Virgin Records Italia cerca di essere fedele allo spirito originale. Il nostro roster è composto da grandissimi della musica italiana (Vasco Rossi, il cui nuovo album è in uscita il 12 novembre di quest’anno, Tiziano Ferro, Cesare Cremonini), così come da nomi di artisti talentuosi di ogni genere musicale: dalla contaminazione cantautorale con altri generi (Willie Peyote, Eugenio in Via di Gioia, Giovanni Truppi) al pop (Michele Bravi, Giordana Angi, Fabio Rovazzi) fino al rap e alla trap (Dark Polo Gang, Mecna, Boro Boro, MamboLosco, Villabanks, Lele Blade, Vale Lambo).
Collaboriamo con le migliori realtà indipendenti per lanciare artisti in linea con il nostro spirito: Maciste Dischi (Mobrici, Pablo America), Bomba Dischi (Gianni Bismark) e Milano Ovest (Rhove).
Con ANNA abbiamo deciso di dare fiducia a giovanissime artiste dal grande potenziale internazionale e il successo di Bando in Germania, Francia e Stati Uniti è solo il primo passo. Sulla stessa linea si colloca la nuova firma Epoque, cantante torinese di origini congolesi, caratterizzata da un contagioso mix afrobeat/rap.
Da quest’anno, poi, l’iconico marchio Virgin Music vivrà un nuovo inizio in tutto il mondo. Nel febbraio 2021 infatti, Sir Lucian Grainge, presidente e CEO del gruppo Universal, ha annunciato la nascita di Virgin Music Label & Artist Services, un nuovo network globale di servizi discografici dedicati ad etichette indipendenti e artisti di talento.
Per chiudere il cerchio, questo nuovo network ha avuto l’immediata benedizione di Richard Branson, che ha affermato: «Sono orgoglioso che mezzo secolo dopo aver aperto il nostro primo negozio di dischi indipendente a Londra, il nome Virgin Music continui ancora oggi a rappresentare i migliori imprenditori, innovatori e artisti del mondo della musica».
Mentre scrivevo queste righe mi sono reso conto ancora una volta di quanto sia stato fortunato ad appartenere a questa storia che mi ha fatto lavorare con icone come Rolling Stones, David Byrne, Brian Ferry, Sting fino a Kendrick Lamar, Imagine Dragons e Lady Gaga. Fortunato a provare ancora quell’emozione di stupore ed incredulità di fronte al talento. Come è successo a me e ai miei colleghi ormai quattro anni fa quando abbiamo visto per la prima volta l’allora quindicenne Billie Eilish cantare al baretto dell’ufficio di Los Angeles per noi. Sono bastati pochi minuti per capire il percorso che avrebbe fatto.
Gli artisti ci regalano molto con la loro musica. Pensare ogni giorno a cosa io possa fare affinché questa possa essere ascoltata dal maggior numero di persone rimane per me il miglior lavoro del mondo.