Cosmo ha imparato a volare alto sulle ali del pop. L’intervista
Esce il nuovo disco di Marco Jacopo Bianchi ed ha un titolo che ricorda gli album prog degli anni ’70, “Sulle ali del cavallo bianco”. È solo una suggestione, ma parlando con lui abbiamo capito che da oggi inizia una nuova fase creativa. Ed è anche molto pop
Per questa intervista Cosmo ci attende dentro un cubo, nel bel mezzo dell’atrio della stazione Centrale di Milano. Una volta qui ci stavi in attesa dei taxi, ora – nell’era dei pop up/temporary store – è una zona strategicamente ghiotta per brand e attività commerciali. Ma il “cubo di Cosmo”, sorto qui per il lancio del suo nuovo album Sulle ali del cavallo bianco (Columbia Records/Sony Music/42Records) ci piace. Perché questo piccolo monolite riflettente all’esterno contiene dentro una mini discoteca. Ti immergi in una tascabile iconosfera dell’immaginario del clubbing contemporaneo, con il pavimento che è un flusso di immagini, pareti a specchio e musica ad alto volume.
Il nuovo album nato dalla stretta collaborazione con Not Waving
Questo è l’habitat naturale per Cosmo, ma con Sulle ali del cavallo bianco qualcosa è cambiato. Per la prima volta l’artista di Ivrea ha dato forma a un lavoro “classico”, (durata 39 minuti) con canzoni della durata media di una canzone pop e proprio questo genere, nelle sue mille sfaccettature. Dai richiami al cantautorato italiano anni ’70 alle semplici melodie della dance progressive che sbancava le classifiche negli anni ’80. Questa è la grande novità stilistica nel percorso di Cosmo.
Complice la stretta collaborazione con Alessio Natalizia, che Marco conosce dai tempi dei Disco Drive, e che negli anni si è fatto conoscere prima con il bellissimo progetto Banjo or Freakout (ma che bella era Move Out? Sembrava un outtake da un disco delle Shirelles) prima di farsi chiamare Not Waving e di riuscire ad essere apprezzato da artisti dell’intellighenzia del rock, Mark Lanegan e Jim O’Rourke. Ma anche con provocatrici del dancefloor come Marie Davidson. Il risultato è un connubio perfetto, molto ludico, che si fa ascoltare con grande piacere.
Sulle ali del cavallo bianco contiene un sorprendente singolo come L’abbraccio, e chi mai si sarebbe aspettato un tripudio di chitarre acustiche e una melodia che sembra I’m Not in Love dei 10CC in una canzone di Cosmo? Un artista che fino al disco scorso intitolava una canzone semplicemente Antipop, nome che è stato scelto anche per il recente documentario autocelebrativo.
L’intervista a Cosmo
Ho sentito sin da subito una certa leggerezza in questo disco. Sembri molto libero di esprimere tante nuove idee musicali, dalla jungle alla house UK, usi l’autotune e poi passi a cantare come se volessi riportare in superficie i cantautori italiani quando portavano i pantaloni a zampa d’elefante.
Sì è vero. A proposito di “passi”, ho sempre cercato di cambiare sentiero nella mia vita. Non sono mai stato un artista legato a un genere musicale in particolare. Ho avuto le mie infatuazioni, ho fatto composizioni techno e adesso sono in una fase della mia vita dove penso che si può far ballare veramente con tutto. Usando l’immaginazione, l’estro, ho fatto dei set ad alcuni party di Ivreatronic, suonando sulla carta della roba assurda, dove davvero il pubblico dovrebbe rimanere un po’ basito, e invece… Quello che voglio dire è che adesso sto proprio intendendo lo spazio del club sempre più come uno luogo dove si sperimenta oltre a ballare.
Diciamo che, se parliamo del tuo nuovo album, questa libertà nasce anche da un lavoro in coppia. Non sei più da solo.
Esattamente, Alessio (Natalizia, ndr) dovrebbe davvero essere qui con me a parlare. Io ho sempre preso tutte le decisioni da solo, a tutti i livelli. Dalla fase di scrittura a quella della produzione. Questa volta però siamo in due, io e per l’appunto Not Waving. Siamo amici da tanto e da tanto tempo avevo questa idea di coinvolgerlo, perché – sono sincero – gli ho confidato sempre: “Ti vedo ogni volta dieci metri avanti a me”. Ed era arrivato il momento giusto dell’unione, dell’incontro. Lui voleva sperimentare qualcosa dentro il mare magnum del pop e io volevo un attimo uscire fuori anche dal club, esplorare, entrare dentro un pop più cantautorale.
Abbiamo unito le teste e le nostre forze ed è stato effettivamente molto, molto facile lavorare a Sulle ali del cavallo bianco, te lo assicuro. Avremmo fatto in totale cinque sessioni, lui veniva da Londra, nel mio studio vicino al fiume, ad Ivrea. Poi ho scritto i testi. Insomma, la prima session è stata a febbraio 2023 e abbiamo poi chiuso il master lo scorso novembre. Alessio mi ha aperto a una certa sensibilità pop.
Secondo me vi siete divertiti un sacco tu e Alessio a tirar fuori Ho un’idea con quel bel sound dance di matrice UK…
(Sorride, ndr) Non sappiamo come cacchio sia venuto fuori questo brano! Ti assicuro che non capivamo cosa cavolo stessimo facendo, non c’era nessun calcolo tipo “radiofonico”. Ma è un brano trascinante!
Il titolo del disco sembra rubato da un disco prog anni ’70.
Ecco, il titolo nasce dalle parecchie cazzate che ci siam detti durante le nostre session, l’immagine di un cavallo bianco è venuta fuori in un momento di delirio nostro, una mattina dopo dei veri e propri after hours dentro lo studio e… a un certo punto Alessio ha immaginato un cavallo (ride, ndr). Un cavallo bianco con le ali e ci abbiamo riso parecchio. Pensa che il titolo della canzone Troppo forte è venuto fuori un giorno che ero stavo andando all’aeroporto a prendere Alessio.
E invece pensa che io mi ero fatto un sacco di pippe mentali, tipo il titolo dell’album è un omaggio al prog anni ‘70… e invece.
Assolutamente, io non mi sono più preoccupato di fare il disco, aspettando che la gente pensasse: “Cosmo fa uscire il suo prossimo disco dance” e invece, in un certo modo io sterzo e vado da un’altra parte. Parlando per immagini è come se davvero mi si fosse aperto il soffitto dentro il mio studio e ho visto il cielo, cioè ho visto una nuova dimensione e ho pensato: “Adesso posso andare veramente dove cacchio voglio”. Comunque, dai, gli anni 70 ci sono dentro il disco, hai ragione, c’è Dalla, un certo pop italiano di quel decennio. Come nel singolo L’abbraccio.
Secondo me a Dalla sarebbe piaciuta la frase: “Il corpo è un parco giochi” che canti in Talponia – luogo pazzesco ideato da Olivetti – e che canti pensando a tua figlia.
Già una bambina di 5 anni, Linda.
Hai visto Povere Creature?
No, non ancora. Mi è venuta spontaneamente una canzone per Linda e avevo solo in mente una melodia dove ci cantavo sopra le parole: “vedrai, vedrai” e continuiamo a pensare dentro di me “ma vedrai cosa?”, e però non volevo neanche scadere nel giovanottismo, no? Volevo essere un attimo più crudo, anche perché oltre a esserci in quel complesso architettonico l’asilo di mia figlia, ci sono le prostitute, e c’è questa ragazza trans che vive lì, ogni tanto per le festività fa un regalo ai bambini. Insomma, è un pezzo di vita reale. Con Talponia lancio dei messaggi a mia figlia, ovvero: non giudicare in alcun modo niente, nessuno e ognuno col suo corpo fa quello che vuole.
In questo caso a proposito di pop d’autore italico mi fai pensare a De André, e con quel “vedrai, vedrai” a Tenco…
Mmm, non avevo pesato a loro mentre la scrivevo… però voli alto con il mio cavallo, grazie.
Comunque penso che quell’attenzione alle classi sociali più povere, l’accoglienza delle diversità che aveva De André nelle sue liriche c’è anche nel DNA di chi ha condotto un percorso da autentico clubber. A proposito, tu ti sei inventato un modo diverso di intendere il luogo per ballare anticipando la club mortality che è in atto ovunque in Europa.
Dopo la pandemia i ragazzi si sono inventati nuovi modi di aggregarsi per ballare. Quando erano chiusi i club la gente ha scoperto che non c’era bisogno di mega budget o di buttafuori per fare festa, è come se avessimo avuto uno spiraglio di nuova genuinità. Ma poi, non sono poi gli anni ’90 ed è anche vero che i ragazzi ascoltano i trapper, non vanno a ballare. Poi magari un giorno le discoteche torneranno di moda…
Ognuno troverà il brano che lo emoziona di più. Per me è Momenti.
Eh… (un lungo sospiro, ndr) è un brano che nasceva veramente col singhiozzo in gola, dal pianto e dall’emozione. Lo scorso anno ho vissuto un periodo abbastanza forte e c’era questa cosa dei “momenti” che Alessio mi trasmetteva con i suoi pensieri, il suo desiderio di voler fermare il treno del tempo, qualche volta, per assaporarsi meglio i alcuni momenti della vita. Con Momenti voglio dire: “Okay, mi godo ogni singolo momento per poi lasciarlo andare e poi ricominciare”. Bisogna saper poi lasciarsi alle spalle le cose se le sai vivere bene nel loro istante.
Alessio Natalizia adesso verrà in tour con te?
Si assolutamente. Sai che abbiamo già un sogno assieme?
Ovvero?
Proporci per produrre anche grossi artisti pop italiani, perché troviamo che ci sia un po’ una certa mancanza di coraggio in giro. Si lavora troppo con le reference, per derivazioni. Si segue il flusso delle grosse produzioni internazionali. Bisogna farsi dei trip e sviluppare una coolness tutta nostra. Chissà se ci saranno orecchie che ascoltano la nostra offerta.
Il disco è alla fine breve, con tanti spunti sonori, davvero hai iniziato una nuova fase, hai calibrato tutto bene, bravo.
Grazie. La cosa bella di Sulle ali del cavallo bianco è che mi piace riascoltarlo adesso che è fatto e finito. Anche perché significa davvero l’inizio di una nuova fase di Cosmo. Adesso veramente si possono aprire altre, inedite, inaspettate possibilità. Non me ne frega più niente delle aspettative del pubblico. Ma non per mancanza di rispetto, anzi, proprio per una maggiore consapevolezze del dover avere rispetto per chi mi segue. Ora è il caso di stupire, offrire nuovi sentieri a chi mi segue e ai nuovi arrivati. E tutto questo avverrà creando energia, sperimentando, rischiando, fallendo.