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I will always cover you: quando l’originale si perde nell’oblio

Da “Tainted Love” a “Girls Just Want to Have Fun”, sono moltissime le hit che in realtà sono insospettabili reinterpretazioni di brani molto più vecchi

Autore Billboard IT
  • Il5 Luglio 2023
I will always cover you: quando l’originale si perde nell’oblio

Prince (foto di The Prince Estate / Jeff Katz)

L’altro giorno in un bar del centro la radio ha mandato uno dei singoli più famosi dei Måneskin (e del mondo) e due ragazzine si sono esaltate: “Oddio, Beggin’ è la mia preferita! Ma lo sai che Damiano l’ha scritta per la sua fidanzata?”.

Ammetto di aver dovuto trattenere con tutte le mie forze la pignola che abita il mio corpo e di essermi trovata a deglutire il caffè amarissimo e tutta la generazione X di cui faccio parte, per non infrangere il sogno delle adolescenti spiegando che no, quella canzone non è dedicata a Giorgia Soleri, nemmeno probabilmente a sua nonna, vista che a scriverla sono stati i Four Seasons nel 1967.

Chissà cosa pensano gli ottuagenari Bob Gaudio e Peggy Farina della loro Beggin’, finita al primo posto nella classifica Spotify dei 200 brani più ascoltati al mondo a più di 50 anni dalla sua creazione. Chissà cosa dice Frankie Valli dell’American Music Award di quanto quella canzone ha fruttato ai Måneskin nel 2022.

Diamo a Dolly Parton ciò che è di Dolly Parton

Del resto non è la prima volta che una cover ritrova lustro dopo decenni, o addirittura eclissa il successo dell’originale diventando per molti l’unica versione esistente.

Ne sa qualcosa Dolly Parton, regina del country, parrucchiera di Fiori d’acciaio, autrice, imprenditrice, attrice, amante del fucsia e dei lustrini, voce angelica delle sottone di tutto il mondo. A lei dobbiamo la hit intramontabile di ogni strazio d’amore: I Will Always Love You.

No, non l’ha scritta Whitney Houston nel ’92 pensando a Kevin Costner. L’ha composta la nostra eroina in stivali rosa da cowgirl nel lontano 1974. E la storia non finisce qui. Dolly, dieci anni prima dell’uscita del film Bodyguard, aveva rifiutato di cedere metà dei diritti a Elvis Presley in persona, che desiderava ardentemente coverizzare il brano contenuto nell’album di Parton dal titolo Jolene.

Ecco, Jolene, altra canzone riarrangiata e ricantata da mezzo star system americano: da Olivia Newton-John ai Pentatonix, dai Sisters of Mercy a Miley Cyrus. Ma Dolly Parton non è una sprovveduta e sa riconoscere una hit quando la sente. Per questo la sua versione preferita è quella disperata dei White Stripes, lato B del singolo Hello Operator del 2000.

Le cover insospettabili

Differente il destino di un’altra cover che nessuno sa essere una cover. Chi non ricorda, nel 1990, il video straziante di questa ragazzina rasata a zero che cantava su un coro Nothing Compares 2 U? Bene, l’autrice di quella canzone non è Sinéad O’Connor, ma Prince, che cinque anni prima aveva composto il brano per uno dei suoi progetti, The Family, senza però riscuotere particolare successo.

Anche Valerie, singolo del 2006 della band britannica The Zutons, ha ottenuto la fama mondiale nella versione di Amy Winehouse per l’album di cover del DJ e produttore Mark Ronson.

Un altro autore prolifico, alla cui produzione hanno attinto a piene mani le band di tutto il mondo, è sicuramente Bob Dylan. Nota ai più è la versione hard rock di Knockin’ on Heaven’s Door, che i Guns N’Roses incisero per il film Giorni di tuono, e successivamente inserirono nel loro album Use Your Illusion II del 1992. Meno conosciuta è invece l’origine di All Along the Watchtower, trasformata in una gemma rock da Jimi Hendrix, in omaggio a uno dei suoi più grandi miti: il menestrello in persona.

Le autrici donne

C’è poi tutta una serie di autrici donne a cui raramente viene riconosciuta la maternità dei brani. È il caso ad esempio di Gloria Jones, primissima interprete di Tainted Love, brano generalmente attribuito ai Soft Cell, che l’hanno riproposto 16 anni dopo in stile synth pop, poi coverizzato a sua volta da Max Raab, Scorpions, Marilyn Manson, Prozac+ e tanti altri.

Dispiace poi deludere i fan di Florence and the Machine ma You’ve Got the Love non l’ha scritta Florence Welch, bensì Candi Staton con The Source nel 1986.

È più importante l’interprete di una cover o il suo autore?

Piuttosto bizzarra la genesi di Killing Me Softly, portata al successo planetario dai Fugees di Lauryn Hill, ma creata dal compositore Charles Fox e dal paroliere Norman Gimbel insieme alla cantautrice americana Lori Lieberman, che ne incise una versione nel 1972. Si dice però che Roberta Flack s’innamorò del brano e chiese agli autori di poterlo interpretare: lei la portò al successo mondiale l’anno successivo, Fox e Gimbel sminuirono il ruolo di Lieberman nella creazione, 23 anni dopo la cover dei Fugees ridiede lustro a questa gemma immortale.

Stupirà anche scoprire che Respect non è in realtà di Aretha Franklin, bensì di un’altra leggenda della musica: Otis Redding. Lui la incise nel 1965, ma fu Aretha a trasformarla in un inno femminista, facendola propria nel 1967.

Dall’iconica canzone che racconta l’empowerment delle donne alle ragazze che vogliono solo divertirsi: Girls Just Want to Have Fun, storico successo anni ’80 di Cyndi Lauper, è in realtà stata scritta e interpretata da Robert Hazard nel 1979.

L’elenco di cover famose sarebbe ancora lunghissimo: da The Man Who Sold The World di David Bowie rivisitata dai Nirvana, fino a Hallelujah di Leonard Cohen resa immortale da Jeff Buckley. Le canzoni originali sono ormai vecchie, ma la questione che portano con sé è senza tempo: è più importante l’interprete o l’autore?

Articolo di Federica Mingarelli

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