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Daniele Silvestri: «In questo album sono tornato ad essere un cantastorie»

Il cantautore romano ha presentato in anteprima a Milano “Disco X”, in uscita venerdì 9 giugno, e ha parlato anche dell’importanza dell’integrazione e di cogliere la ricchezza della diversità

Autore Greta Valicenti
  • Il30 Maggio 2023
Daniele Silvestri: «In questo album sono tornato ad essere un cantastorie»

Daniele Silvestri, foto di Albert D'Andrea

Un occhio discreto che dallo spiraglio di una porta socchiusa guarda le storie degli altri che si consumano in un imprecisato al di là. Talvolta una sala di un Cinema d’essai, talvolta una roulotte dove vive una dolce e sfortunata donna sinti, o una Roma distopica e decadente come una storia d’amore che sta tramontando. La trama di un libro? Quasi, perché sempre di racconti stiamo parlando. Il loro autore? Daniele Silvestri, che li ha raccolti tutti in Disco X, il suo nuovo – decimo – album in uscita il 9 giugno.

Un disco che arriva a distanza di quattro anni dall’ultimo, La Terra sotto i piedi, ma per Daniele Silvestri le parole sono troppo importanti per essere date per scontate. «Un album deve uscire quando ha senso che esca e quando si ha qualcosa da dire. Non voglio rincorrere l’hype e farmi notare a tutti i costi. Le zone di profondità esistono anche nel mare più tranquillo, e sono quelle in cui io sto navigando», racconta il cantautore romano in una mattinata di sole a Milano.

E in Disco X, nulla è lasciato al caso. A partire dal titolo. «La X ha diversi significati. Ad un certo punto ho iniziato a raccogliere in una cartella gli spunti che potevano diventare delle canzoni interessanti e, sapendo che questo sarebbe stato il mio decimo disco, ho messo una X. Poi man mano mi sono reso conto che quella X rappresentava qualcos’altro. Dava all’album un senso compiuto, anche se è un’incognita. Stavolta ho lavorato in modo diverso. Non avevo un obiettivo da raggiungere, c’è stata molta più leggerezza, semplicità e istintività», continua Daniele Silvestri.

Un lavoro diverso anche per quanto riguarda i temi trattati. «L’attualità non mi appartiene più molto, in questo album mi sentivo più un poeta che guarda le cose da lontano. Qui la voglia di sporcarsi le mani è diventata voglia di suonare. Mi sono tolto quel senso di responsabilità che un po’ mi opprimeva e sono tornato quasi alle origini, a quando ho scritto il mio primo disco – che non è mai stato pubblicato – in cui c’erano solo storie. Ecco, in questo album sono tornato ad essere un cantastorie». Come Lucio Dalla, il motivo per cui Daniele “scrive come scrive” e il cui spirito è considerevolmente presente nell’album.

Storie ricevute, più che vissute in prima persona. «La costruzione dell’album è avvenuta in scena, durante il tour. Noi tutti siamo fatti di storie, e quella è la base su cui si è sviluppato lo spettacolo. Ho chiesto alla gente di inviarmi le proprie. Alcune erano dolorose, altre irraccontabili, e non ho ancora capito perché abbiano deciso di affidarle proprio a me!». Forse perché – azzardiamo – chi le ha raccontate sapeva di affidarle a qualcuno che le avrebbe maneggiate con cura e delicatezza.

Tante storie che però cercano più di un unico autore. Ed ecco allora che a scorgere dal ciglio insieme a Daniele Silvestri ci sono amici, amiche e figliocci. Davide Shorty, Emanuela Fanelli, Frankie hi-nrg mc, Selton, Worngonyou, Giorgia, Franco126, Fulminacci e Eva. E il punto di partenza da cui poi queste strade si diramano per luoghi vicini o remoti è uno per tutti: Intro X. «Una sorta di trailer del disco», racconta il cantautore. «Sono presenti tutti coloro che hanno lavorato all’album e tutti hanno messo in quella traccia un pezzetto del loro cuore».

Le collaborazioni di “Disco X”

Da lì, poi, liberi tutti e tutte. Con Franco126 si rimane a Roma, che fa da sfondo nostalgico e apocalittico a una storia d’amore alle ultime battute in Bella come stai. «Non conoscevo ancora Franco di persona, ma lo ascoltavo da anni, da quando era ancora con Carl Brave. Lì ho sentito un modo di parlare di Roma che mi piaceva molto, e la parte di Franco è quella che mi ha colpito di più perché era quella più nostalgica. Ho iniziato a scrivere questa canzone in cui ripetevo solo “Bella come stai”. Poi l’avevo accantonata e quando l’ho risentita ho pensato che mi ricordasse tantissimo lui e il suo modo di scrivere. Così gliel’ho fatta sentire e anche lui ha avuto la stessa sensazione».

Con Giorgia, il racconto viene proiettato su uno schermo di un vecchio cinema che ora non esiste più. «Cinema d’essai è il momento in cui il disco diventa più anziano, perché anziani sono i protagonisti della storia. Il racconto è portato avanti da due punti di vista diversi, uno maschile e uno femminile. Il cinema d’essai era un posto con una sua magia e volevo ci fosse una voce femminile nel pezzo e quella di Giorgia era ovviamente perfetta».

In Fulminacci Daniele Silvestri rivede il se stesso degli inizi e si ritrova ad essere L’uomo nello specchio. «Lo vedo un po’ come una sorta di figlio. Attinge tanto dalla mia musica e da tanti cantautori che l’hanno preceduto, e questa canzone è nata in un giorno e mezzo. Andando avanti la cosa più difficile è ricordarsi come si ha iniziato e in quella c’è una purezza e una libertà che col tempo si fatica a mantenere. Questo mestiere rischia di essere una zavorra che ti rende prevedibile e ti fa ripetere. La speranza è quella di trovare il Daniele iniziale, e avere a che fare con Fulminacci mi piace perché mi ricorda com’ero».

Insieme a Wrongonyou e Franki hi-nrg mc si arriva addirittura in Siria, con While the children play a raccontare le atrocità della guerra. «Questa canzone è venuta fuori addirittura nel 2015, dall’esperienza di Every child is my child. Tutti e tre facciamo parte dell’associazione».

Daniele Silvestri: «Dobbiamo percepire la ricchezza della diversità culturale»

In Mari Ciai, invece, Eva dà invece voce ad una donna sinti dolce e sfortunata, che subisce sulla propria pelle l’insensatezza e l’atrocità del razzismo «che toglie la vita ad una persona. Per raccontare questa storia mi sono fatto aiutare da qualcuno che quella vita la conosce bene. Quando ho chiesto a Eva di partecipare mettendo anche qualche parola della lingua sinta le ho chiesto di dare voce alla sua nonna. Per lei è stato molto facile e allo stesso tempo molto intenso. Il titolo vuol dire “bambina mia” e il tema principale è quello dell’integrazione. Dobbiamo essere sincretici come società e percepire la ricchezza della diversità culturale», chiarisce Daniele Silvestri.

«Il racconto che è stato fatto in questi anni della comunità sinti non rispecchia tutte le storie. A volte è come se avessimo bisogno di sapere che c’è lo zingaro, e chiamarlo tale ci dà anche una sorta di piacere, perché lo viviamo come un insulto, mentre quando conosci questo mondo scopri una cultura antropologicamente molto affascinante. Questa canzone è anche contro la facilità di trovare sempre un capro espiatorio».

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