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Al Kappa FuturFestival si respira aria di libertà, fratellanza e uguaglianza

Arrivato alla sua decima edizione, il festival torinese ha confermato, oltre alla qualità della lineup, anche la sua vocazione ad attrarre decine di migliaia di giovani da tutto il mondo

Autore Tommaso Toma
  • Il3 Luglio 2023
Al Kappa FuturFestival si respira aria di libertà, fratellanza e uguaglianza

Foto di Antonio Corallo / Elephant Studio

Sabato pomeriggio: decine di migliaia di giovani provenienti da tutta Europa stanno ballando sotto i palchi distribuiti nel Parco Dora. Siamo alla decima edizione del Kappa FuturFestival.

Alla fine i dati ufficiali diranno che sono state 85mila le persone accorse al Kappa. Il dato statistico eccezionale è però un altro, sono arrivati da ben 120 paesi differenti.

Già da venerdì si è respirata una frizzante sensazione di libertà. In questa cornice postindustriale prevale il sorriso e la sensazione è che le diverse classi sociali ed etnie si ritrovino qui senza alcuna diffidenza. Dalle compagnie di scozzesi euforici e pallidissimi alle toniche ragazze leggermente posh che attendono Peggy Gou come se fosse una divinità.

Un parallelismo con i fatti d’oltralpe

Tutto questo accade qui a Torino mentre a poche centinaia di chilometri, da Losanna a Marsiglia, da Tolosa a Parigi sono state giornate e notti illuminate da centinaia di auto bruciate. Anche in questo caso sono i ragazzi i protagonisti, ma di una rivolta sociale.

Non c’è nessun altro filo rosso in teoria che legherebbe questi due eventi. Eppure, prestando attenzione alla storia recente, ci fu in Francia tra gli anni ’90 e l’inizio del nuovo millennio una volontà di interagire in maniera costruttiva con il fenomeno della techno e della musica dance, senza necessariamente far rientrare nel quadro legislativo la legalità di un free party o di un rave.

Lo Stato transalpino ha saputo alimentare un’intelligente cultura dell’integrazione e della comprensione, consapevole anche della peculiarità del fenomeno. La musica techno brilla in una dimensione geografica. Non si è diffusa tramite l’ascolto in radio. Non esibisce come trofei milioni di album venduti. Certo, lo streaming oggi è importante per far crescere l’hype di un nuovo artista. È imprescindibile invece un luogo dove ascoltarla e ballarla.

A contribuire a quella sorta di compromesso tra lo Stato e il movimento techno in Francia ci pensò non poco l’onda del French Touch. I Daft Punk, su tutti, furono il cavallo di Troia. Certo, una questione sociale così vasta come il rapporto tra le banlieu, le periferie e la polizia, le istituzioni è molto più complessa della gestione di un manipolo di “scalmanati” che ballano, ma ogni buon esempio andrebbe seguito, seppur circoscritto.

Foto di Elephant Studio

L’unicità del Kappa FuturFestival

Il Kappa FuturFestival è da anni che si distingue nel nostro Paese per la sua peculiarità. In effetti è l’unico grande festival techno e ad avere così tanto pubblico proveniente dall’estero. Abbiamo dedicato il numero di luglio/agosto ai festival estivi, e quando mi capita di parlare con i promoter dei più grandi eventi spesso citano questo festival come uno dei più riusciti. E hanno ragione.

Senza dubbio non a tutti piacciono gli artisti e i sottogeneri affiliati alla techno. Non a tutti viene voglia di sudare sotto il sole di luglio ballando per ore. Nessuno avrebbe il piacere di incappare davanti a persone che digrignano i denti, hanno le pupille dilatate, sniffano strane boccette all’improvviso e di passaggio potrebbero sussurrarti: “Vuoi una pasta?”.

Ma vi assicuro che tutto questo è marginale di fronte al fatto che decine di migliaia di persone stanno bene assieme, si vestono in maniera assolutamente creativa, senza nascondere il proprio corpo. Aggiungerei, a questo punto: senza che capiti uno spiacevole evento di cronaca da sbattere in prima pagina o da discutere per ore in prime time televisivi.

Per la decima edizione, tanti ritorni in scena e addirittura doppi turni

Il deus ex machina del KFF, Maurizio Vitale, per gli amici semplicemente “Juni”, non ha lesinato in investimenti e attenzione per dare forma all’evento celebrativo che ha avuto bisogno di 142 casse e 124 subwoofer, 220 mq di led e 180 mq di video, per dare forma e sostanza agli show.

Nel cartellone di quest’anno si sono viste tante riconferme, dei nomi di tradizione e alcune piacevoli novità. E anche un’autentica esclusiva per l’Italia, il ritorno degli Swedish House Mafia, i “tre tenori della EDM” (ecco una delle tante grandi eccezioni di genere…).

Ai nostri Tale of Us è stato concesso di suonare per ben due set serali, il primo di venerdì nel Futur Stage (che in quella giornata è stato occupato completamente da Afterflife). Domenica la coppia Carmine Conte e Matteo Milleri ha replicato nel grande spazio dello Jäger Stage. Personalmente mi hanno deluso, li ho trovati molto scolastici e poco coraggiosi nel tirare fuori con imprevedibilità il loro lato emozionale.

Al contrario, i grossi dubbi che avevo, immaginando Axwell, Steve Angello e Sebastian Ingrosso performare in questa cornice, sono stati disintegrati dall’energia che hanno profuso in consolle. Gli Swedish House Mafia sono partiti potenti e quasi scuri, per poi dipanarsi in un set che ha fatto ballare tutti. Sono venuti qui per sentirsi liberi di suonare quello che volevano ed è anche questa una grande lezione che un DJ deve tenersi dentro.

Foto di Elephant Studio

Diplo, Carl Cox e Fatboy Slim al Kappa FuturFestival

Anche Diplo ha avuto un “doppio turno” di show. Se nel primo caso è stato protagonista di un back to back con Major Leagues, dove il risultato finale è stato noiosissimo, il mega-producer si è riconquistato la mia fiducia con un altro b2b, assieme al navigato ed esperto Maceo Plex.

Un terzo artista si è meritato per questo rotondo anniversario la facoltà di suonare due volte. Come non poteva non esserci un amico di lunga data del Kappa FuturFestival come Carl Cox? Sempre tantissimo pubblico a seguirlo nelle due occasioni. Interessante il set visual cha lo ha accompagnato domenica sera: il suo faccione ritrattato digitalmente in diretta mentre smanettava era qualcosa di scenograficamente molto forte. Bravi.

Un’altra superstar è tornata al Kappa, Fatboy Slim. Norman Cook si presenta in consolle scalzo e in bermuda simil-militari. Attacca con i Queen di Don’t Stop Me Now, prima di prodursi in un set che l’ha visto citare anche i New Order e un tocco di samba, oltre a molta attenzione a una matrice tech nella sua selezione.

Sentire una pop song nella cornice di un set di Fatboy Slim non stupisce affatto ma, a differenza di tutti gli scorsi anni, questa volta di canzoncine pop ne ho sentite troppe e di sicuro me ne saranno sfuggite altre. Vado random, facendomi aiutare dalla memoria. Citando solo quelle sentite suonate nello Jäger Stage si va da Splendida Giornata di Vasco a Venus delle Bananarama, per poi sentire Gispy Woman di Crystal Clear e September degli Earth Wind and Fire.

Sinceramente troppo per un festival techno. Per non parlare del super brano pop di Peggy Gou (It Goes Like) Nanana. Almeno in questo caso l’ha suonata lei stessa a fine set dell’ultima ora del Day 2, con tanto di singalong di migliaia di persone in adorazione della DJ asiatica con nuova acconciatura (con tanto di una permanente?) e la sigaretta spesso tra le labbra.

Gli eroi della techno al Kappa FuturFestival

Voi penserete: e la techno? Ma come, prima ci dilunghiamo della democraticità di questo genere e poi s’incensano gli Swedish House Mafia? Niente paura, confermiamo che la techno c’è stata. Anzi, forse è stata il genere più vivo e meno “corrotto” rispetto agli altri.

Sabato pomeriggio si è attivata la “tempesta” Nico Moreno. Il francese non scherza: coinvolge tutti nel Futur Stage ed è il primo che fa alzare la grande nube si sabbia che i techno danzatori sollevano pestando i piedi felici su un terreno che diventerà irrespirabile il giorno dopo, intriso di sudore, birra e chissà altro…

Al di là di alcuni iniziali problemi tecnici, altro fenomeno del genere è stato I Hate Models. Probabilmente sono state le temperature altissime a far andare in tilt il mixer della consolle di Guillaume Labadie ma non lui, che pare un ragazzino timido che però quando sale in consolle con sua mascherina si trasforma.

Labadie si muove compulsivamente a ritmo indiavolato. Non ho visto nessuno in questi tre giorni mettere questa energia e passione sul palco. I Hate Models propone un misto di EBM, delle roventi sciabolate industrial e suoni che paiono arrivare da giganteschi calabroni d’acciaio che volavano sopra le nostre teste, mentre i bpm arrivavano a 140 e oltre. I ragazzi lo adorano. È stato il più ripreso dagli smartphone – pratica poco diffusa tra chi va ai festival techno – assieme a Peggy Gou e gli Swedish House Mafia.

Altra sicurezza è arrivata anche da due ragazzi italiani che si chiamano “nove volte nove” ma il loro nome d’arte si scrive in cifre: 999999999. In pochissimi anni (quattro) sono cresciuti tantissimo nella scena hard techno e non hanno da invidiare ai colleghi transalpini. E poi, a proposito di Italia, ricordiamo la presenza di un volto familiare al Kappa FuturFestival come Enrico Sangiuliano, sempre ottimo nel performare.

Foto di Elephant Studio

Il ritorno della house music

Si è sentita tanta, tantissima house, forse troppa. È un periodo storico di poca creatività nell’elettronica/dance, ed ecco che generi come la house e la drum’n’bass risorgono, prendendo atto che qui la drum’n’bass non è di casa. Qui si è notata una presenza massiccia di sonorità house.

Anche DJ Bone, storico nome della scena di Detroit che ha chiuso il festival domenica nello stage principale, ha indugiato su un sound troppo orientato nella house. Con il risultato di ritrovarsi dopo un’ora di set con gli ampi spazi centrali praticamente vuoti.

Tra le proposte più orientate su questo versante della dance dobbiamo però dare un plauso al duo olandese ANOTR. Sempre positivi e con il sorriso stampato in faccia, ci hanno portato da Ibiza a New York passando per Londra. Sono stati solari, swinganti e sexy. Davvero perfetti per l’estate.

Un altro set di grande coinvolgimento e all’insegna del divertimento è stato quello di Kilimanjaro. Chi lo conosce questo DJ/producer sudafricano ma cresciuto in Scozia, conosce le sue performance piene di energia sia nel sound che fisicamente, ballando e salendo sulla consolle mentre in sottofondo partono dei sample con storici speech sull’integrazione e la tolleranza. Il suo stile nel mixare è molto particolare, non segue una linea tecnica classica. Kilimanjaro sa dosare bene le pause e alterna frustate di amapiano a momenti più tech house. Un set piacevolissimo.

Carl Craig e Seth Troxler sempre da applausi 

Sempre degno di menzione il maestro di Detroit, Carl Craig, che come lo scorso anno si palesa sul palco in compagnia del pianista Jon Dixon. Dopo un inizio elegante e jazzy il grande Craig ha inanellato una serie di tracce techno mirabili, eseguendo una lectio magistralis sul genere davanti a decine di migliaia di persone.

Alta classe profusa anche da Seth Troxler. Si è presentato in doppia modalità: da solo e con il progetto Lost Souls of Saturn in compagnia di Phil Moffa, per un sound pieno di stimoli e libero da schemi.

Salutiamo questa decima edizione del Kappa FuturFestival dove, ripetiamo, si è percepita un’aria di libertà. Per tre giorni chi è venuto – soprattutto le nuove generazioni, si è sentito libero da insicurezze ed esclusioni, che, come ha scritto di recente sulla Stampa Domenico Quirico, sono le vere questioni sociali del ventunesimo secolo.

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