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Laura Pausini. Mai dire ormai

Per il nostro speciale L’Italia che vince all’estero (che uscirà tra qualche giorno), abbiamo dedicato la prima cover digital alla cantautrice che con la sua fama ha varcato i confini per arrivare ovunque: dall’Olanda al Messico, dalla Germania al Brasile. Dopo una crisi di fiducia in se stessa causata (anche) da alcune persone che le erano accanto, Laura è pronta a tornare con il nuovo singolo Un buon inizio e, dopo la 24 ore per festeggiare i 30 anni de La Solitudine, a riconquistarsi il mondo. Nella nostra intervista esclusiva fa un punto sul passato, sulle sue paure, sulle prossime mosse future e sul perché “non sono solo canzonette”

Autore Silvia Danielli
  • Il10 Marzo 2023
Laura Pausini. Mai dire ormai

Laura Pausini, Protagonista della Cover Billboard Italia Marzo Aprile 2023

«A chi mi dice “ormai”, perché “ormai” potrei avere superato l’età giusta per fare una certa cosa e sono anche una donna. O a chi si dimostra dubbioso davanti alle mie proposte. Rispondo solo in un modo: allora lo faccio!», ci spiega Laura Pausini, dalla sua casa romana con una bella terrazza sullo sfondo della finestrella della zoom call. Già con la valigia pronta sulla soglia per andare in Spagna, per qualche giorno di promozione. «Negli ultimi due anni ho passato una sorta di crisi. Ho sentito di non avere più l’appoggio delle persone che mi stavano di fianco, mi sono sentita di non potercela fare ma ora sento di essere ancora più forte per superare tutto».

Speciale l’Italia che vince all’estero

Il 17 marzo uscirà il numero di marzo/aprile di Billboard Italia interamente dedicato al music export: analisi dettagliate su come il mercato italiano si stia espandendo, interviste agli artisti e agli addetti ai lavori. In copertina non poteva che esserci Laura Pausini, colei che è riuscita a varcare i confini nazionali con la sua musica: dall’Olanda al Messico, dalla Spagna al Brasile, alla Germania e agli Stati Uniti.

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Laura Pausini, foto di: Nima Benati, abiti: Gianluca Librando, Styling: Susanna Ausoni, Trucco e capelli: Daniela Zeqo e Maurizio Kulpherk

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La nostra intervista a Laura Pausini

I fatti lo dimostrano. Siamo stati di persona a vedere i live di Laura Pausini di Madrid (Estaciòn Gran Teatro) e Milano (al teatro Carcano), due dei tre concerti (il primo era all’Apollo Theatre di New York) della sua ventiquattro ore live il 27 febbraio per festeggiare i 30 anni de La Solitudine e Laura è più pronta che mai a tornare protagonista sulla scena con Un buon inizio, il singolo che esce oggi scritto insieme a Riccardo Zanotti dei Pinguini Tattici Nucleari.

Come ti sei preparata?

Mi sono preparata vocalmente per 6 mesi con il mio foniatra, poi con la mia nutrizionista e il mio allenatore. Non certo per dimagrire ma per lo sforzo vocale e fisico che avrei vissuto. Ho evitato tutti i cibi acidi per far sì che non mi venisse mai il reflusso (un problema dolente per molti cantanti, che rovina le corde vocali). Ho mangiato ad orari ben precisi calcolando quelli che avrei adottato nelle 24 ore, e mi allenavo come un atleta perché sul palco le gambe reggessero e il diaframma con il quale respiro ed emetto la voce fosse ben allenato.

Sapevo che, quando finisco un concerto non riesco a dormire con facilità, e infatti in volo ho dormito pochissimo. E poi avevamo scalette diverse e anche tecnici diversi! È stata dura ma probabilmente una delle 3 esperienze musicali più significative mai vissute dopo Sanremo e lo stadio San Siro. E poi avevo questa esigenza di restituire.

Laura 30
#LAURA30 – foto di Francesco Prandoni

In che senso?

Io so che molte persone che mi seguono dal 1993 hanno fatto davvero di tutto per venire a vedermi in questi anni. Delle vere e proprie pazzie, anche con le loro famiglie. Molti italiani hanno speso parecchio per venire a vedermi a New York, a Miami, a Londra, a Las Vegas. Li ho visti con i miei occhi. Io mi sono sentita spesso in debito e le canzoni non mi bastavano più per ringraziarli. Quindi era il minimo che io facessi qualcosa per loro. E ho pensato a un gesto eclatante.

«La 24 ore è stata dura ma probabilmente è una delle 3 esperienze musicali più significative mai vissute dopo Sanremo e lo stadio San Siro. E poi avevo l’esigenza di restituire ai miei fan»

Laura Pausini

Alla data di Madrid sul palco hai detto che in Spagna ti senti più libera che in Italia. Come mai?

In Italia la gente conosce chi sono i miei genitori, che mestiere fanno, le scuole che ho frequentato, il tipo di paese piccolo della Romagna dal quale provengo. Hanno seguito il mio percorso da adolescente ad oggi. All’estero no. Quindi hanno un tipo di rispetto diverso e magari mi vedono come chissà chi. Come spesso ci capita nei confronti di chi arriva da lontano. L’Italia poi mi ha fatto capire che si aspetta da me delle cose. E io sono debitrice nei suoi confronti.

Qual è stato l’insegnamento più importante dell’andare a cantare all’estero?

Sicuramente partire da un paesino così piccolo e magari anche chiuso e andare fuori dall’Italia mi ha aperto la mente in un modo pazzesco e ineguagliabile rispetto a qualsiasi tipo di studio. Io in effetti finite le superiori avrei dovuto continuare con architettura ma mi sono fermata. A volte però sento di aver dentro di me tantissimi pensieri che faccio fatica ad esprimere con termini alti, a livello culturale.

«A volte però sento di aver dentro di me tantissimi pensieri che faccio fatica ad esprimere con termini alti, a livello culturale»

Laura Pausini

Non mi pare e poi parli bene 5 lingue, come hai mostrato anche nei 3 concerti dove hai anche cantato uno stesso pezzo in 5 lingue.

Eh, ma faccio confusione! Ultimamente c’è stata una polemica su Eros Ramazzotti che a Sanremo non ricordava bene le parole del suo testo. Io penso di averlo capito più di tutti! Arrivava da un tour in Sud America poverino, a me succede di confondermi dopo soli tre giorni a Barcellona. La nostra vita è talmente veloce che a volte perdi il senso del tempo e non capisci dove ti trovi. Mi capita di essere in Italia e di pensare in spagnolo o in portoghese. E poi ricordiamoci che fino a quando non ho vinto Sanremo nel 1993, solo Eros era il nostro unico rappresentante pop nel mondo! A dire il vero anche oggi è l’unico uomo italiano famoso nel pop all’estero. Poi c’è Andrea Bocelli per la lirica, Zucchero per il Blues e i Måneskin per il rock.

E ci sei stata tu, unica donna.

È vero: non c’era mai stata un’apertura verso una donna. Quello che è successo a me è stato strano, solo frutto di tante piccole coincidenze fortuite. Per esempio: io avevo vinto Sanremo Famosi nel 1991, sarei dovuta andare in teoria al festival di Sanremo nel 1992 tra le Nuove Proposte ma non mi chiamarono. Se fossi andata non avrei mai avuto La Solitudine, che è la chiave del mio successo. Perché io nel 1993 cantavo quello che avevo veramente vissuto in quel determinato modo. E poi nel 1993 a Sanremo in platea c’era proprio il capo delle radio olandesi e decise di far passare il mio pezzo nelle stazioni più importanti. Da lì mi chiamò la tv olandese e poi a ruota tutti i Paesi: Belgio, Francia, Germania. È nato tutto da una canzone che diceva la verità e dalla fortuna. Se no, non sarebbe successo tutto questo!

Laura Pausini
Laura Pausini, New York – foto di Francesco Prandoni

Laura, sarebbe successo qualcos’altro che avrebbe innescato tutta queste serie di eventi.

Me l’hanno già detto anche altri giornalisti ma io non ci credo. Perché io conosco tanta gente che è molto brava a cantare, magari è riuscita a far conoscere qualche canzone ma poi si è fermata lì.

«È nato tutto da una canzone che diceva la verità e dalla fortuna. Se no, non sarebbe successo tutto questo!»

Laura Pausini

Saper cantare non basta proprio. All’estero apprezzano litalianità di Laura Pausini in ugual modo? Nei paesi anglosassoni e in quelli latini?

Sull’essere italiani ovviamente ci sono ancora tanti stereotipi e a volte danno fastidio. Noto che nei paesi anglosassoni mi apprezzano quando non strizzo l’occhio per forza al loro stile. All’estero vogliono sentire la “melodia Pausini”, così l’hanno definita anche i giornalisti stranieri, e di solito sono sempre delle ballad o delle mid-tempo. Neanche a me piacciono gli artisti quando seguono delle mode che magari non appartengono loro. Se ascolto Shakira voglio che faccia Shakira! C’è una ragione per cui siamo stati scelti ed è la nostra autenticità. Io non potrei fare un ottimo r’n’b, nonostante lo ami molto. Lo cantavo solo al piano bar!

A tal proposito, tra i diversi pezzi che ti sono arrivati hai scelto proprio quello scritto da Riccardo Zanotti, Un buon inizio. È un pezzo dove si sente tantissimo l’identità dei Pinguini: non avevi paura che potesse superare la tua?

No, no. Faccio un passo indietro per spiegare bene quanto sia importante per me coinvolgere figure sempre nuove. In questi due anni ho fatto delle prove con dei brani famosi e mi sono scaricata le basi su YouTube. Per esempio, ho provato a cantare Brividi di Mahmood e Blanco, ma una parte proprio non era fatta per me! Io voglio uscire dalla mia comfort zone però ci sono anche delle certezze che non voglio abbandonare e che la gente vuole da me. Io chiamo sempre delle persone – diciamo – più contemporanee che possano darmi una chiave di lettura nuova. Per esempio, quando per Scatola ho collaborato con Madame in molti si sono chiesti che cosa c’entrasse con me. Però lei, Francesca, è la persona che conosce meglio a memoria (anche più di me!) il mio album Simili.

Noi artisti ci influenziamo tutti alla fine. C’è un mondo nuovo che prende ispirazione dal passato per proporre tutt’altro. Anch’io magari sono stata ispirata da Claudio Baglioni, da Vasco, Eros e, non tutti lo sanno, dai Jethro Tull, e poi ho trasformato tutto nel mio mondo. E noi, a nostra volta, che abbiamo una certa età ed esperienza, dobbiamo ascoltare e farci ispirare dal nuovo, cercando di capire perché e per come dicano certe cose. Tutto ciò è fondamentale: io due anni fa ho pensato di non aver più nulla da dire.

Come ne sei uscita quindi?

Ho capito di aver ascoltato troppe canzoni e di essere più confusa di prima così mi sono rivolta a Jacopo Pesce (ex direttore di Island Records ora socio fondatore dell’agenzia di management Double Trouble con Max Brigante) per avere un consiglio su come muovermi.

Ho ascoltato moltissimi brani che mi sono arrivati, senza sapere chi li avesse scritti (in realtà è una modalità che adotto da sempre). Quella di Riccardo mi ha colpito subito però non mi riconoscevo per nulla nel testo. Infatti, gli ho chiesto di cambiarlo e lui (al contrario di molti altri) è stato disponibilissimo. Ci siamo visti in studio a Milano, nonostante la differenza d’età e il fatto che lui sia un maschio, abbiamo capito di avere molte cose in comune. Per esempio, il fatto che viva a Bergamo che non è una grande città proprio come Solarolo. Certo alcune cose non le aveva ancora vissute.

Laura 30, Il team
Laura 30, Il team – foto di Francesco Prandoni

Il fatto di aver raggiunto – paradossalmente – troppo?

Proprio così: la sensazione che ho provato quando ho vinto il Golden Globe per Io sì nel 2021. Ma poi quella di non sentirmi più appoggiata dalle persone che erano intorno a me. Chi prima mi spronava dicendomi sempre “siamo fortissimi” ha iniziato a dire esattamente il contrario.

«Sono forte solo sul palco perché quella è casa mia. Io son più insicura nel mio salotto che lì. Sono convinta di questo: più grande è il successo più ci sono aspetti positivi e negativi. Poi iniziano a dirti: hai una certa età oggi e pensa: sei anche una donna!»

Laura Pausini

Allargando il discorso, due giorni fa era l’8 marzo. Quanto hai dovuto combattere nella tua carriera per affermarti come donna in un mondo che rimane decisamente maschile come quello della musica? Anche se all’esterno sembri forte e agguerrita.

Lo sono solo sul palco perché quella è casa mia. Io son più insicura nel mio salotto che lì. Anche io ho le mie debolezze perché sono convinta di questo: più grande è il successo più ci sono aspetti positivi e negativi. Poi iniziano a dirti: hai una certa età oggi e pensa: sei anche una donna! È pazzesco come all’improvviso questo modo di pensare si diffonda in tutti i Paesi. Per fortuna di carattere io reagisco, se mi dici di fare una cosa sminuendomi io faccio esattamente il contrario. Io ho subito tante discriminazioni fin dall’inizio della mia carriera.

Ad esempio?

Quando andai al festival di Sanremo nel 1993 io non avevo mica un contratto e neanche un disco! Tutti gli artisti lo avevano tranne me. La mia casa discografica, che è ancora la Warner, non se lo aspettava e me l’ho fatto preparare in fretta e furia. Anche il contratto lo firmai 15 giorni dopo la fine del festival e scrissero che avrei dovuto vendere almeno 30mila copie per far un secondo album. Iniziai a fare il calcolo sugli abitanti dei paesi vicini a Solarolo: se a Faenza ne vivono 15mila, a Lugo 10mila, se tutti lo comprano, forse ce la faccio. Non mi facevo domande sul fatto che a un altro esordiente, maschio però, avessero segnato un minimo di 100mila. E poi a me davano il 4% e a lui l’8%.

Il giorno dell’uscita del disco vendetti 60mila copie. Le mie preoccupazioni cambiarono: in sei mesi ne avevo vendute 1 milione e mezzo. Così il mio manager pretese l’8%, se no me ne sarei andata. Comunque ricordo perfettamente la diffidenza iniziale nei miei confronti. Quando firmai mi fecero presente che l’ultima donna che aveva venduto tanto era Anna Oxa. Ma erano gli anni ’80! Ma posso dirti una cosa che mi dà veramente fastidio e riguarda il giornalismo?

Certo.

Esiste tutta questa retorica che vuole spingere sulle donne ma poi mi è capitato, in almeno 6/7 nazioni, che i giornali non vogliano mettere una donna che ha passato i 40 in copertina.

«Esiste tutta questa retorica che vuole spingere sulle donne ma poi mi è capitato, in almeno 6/7 nazioni, che i giornali non vogliano mettere una donna che ha passato i 40 in copertina»

Laura Pausini

Diventa un problema d’età, lo diceva anche Madonna una decina di anni fa.

Eh, però gli uomini over 40 finiscono in cover senza problemi! E molto spesso i direttori di giornale sono donne! Non sono tutti o tutte così e non è che mi si debba la copertina per forza. Però spesso c’è un gran chiacchiericcio a cui non corrispondono i fatti. Da donna ho imparato che bisogna concretizzare. Dal ‘93 a oggi un cambiamento pazzesco c’è stato! È che dobbiamo lottare ancora tanto e dobbiamo autoconvincerci che ce la facciamo. Anche quando crediamo di non farcela più. Anche quando – parlo per me ma penso per molte – vogliamo solo chiuderci nel nostro piccolo e stare solo coi nostri figli. In Italia sono tutti pronti a dire: eh cosa farà “ormai” la Pausini?

Nei due anni precedenti non riuscivo a reagire, mi veniva solo da piangere. Ora per fortuna reagisco. È importante sentire dentro di sé una fiamma e un po’ di frenesia. Per questo nel mio nuovo simbolo c’è una donna che corre in avanti.

Canta a New York
Laura Pausini all’Apollo di New York, prima tappa del #Laura30 – foto di Francesco Prandoni

C’è qualcosa che diresti o faresti in maniera molto diversa se ti capitasse oggi?

Solo una cosa: starei più attenta a fidarmi di alcune persone che ho incontrato in questi trent’anni. Se dovessi parlare alla Laura che ha cominciato quando era più piccola al Festival di Sanremo, le darei una lista di nomi da non frequentare, non perché non siano stati importanti, alla fine chi sono oggi sicuramente lo devo anche alle esperienze che ho vissuto, però me le sarei evitate. Visto che sembro forte ma sono molto emotiva e ho sofferto molto.

Cosa puoi raccontarmi dello spirito che animerà i concerti di Venezia e Siviglia di questa estate?

Io voglio guardare al futuro senza dimenticarmi del passato. Ho portato la 24 ore nei teatri come l’Ariston perché da lì sono partita. Poi nelle prossime settimane comincerò a fare un tour radio, anche nelle più piccole, in tutta Italia, ed è una cosa che non facevo proprio dalla vittoria di Sanremo. Infine, sempre come nel ‘93, un tour nelle piazze. E per questo ne ho scelte due importanti come quelle di Venezia e Siviglia. Vorrei che tutti gli step avessero un comune denominatore, come il ricordo del passato, ma allo stesso tempo che portassero lo spettatore a vedere il cammino che procede.

Voglio studiare una scaletta apposita per queste due date. Siamo ancora in una fase di progettazione, però ho tutto ben chiaro in testa. Ora devo ancora curare i dettagli, che è una cosa difficile, impegnativa ma molto interessante perché quando trovo qualcosa che fa la differenza vado fuori di testa. Mi emoziono tantissimo: non vedo l’ora di portarlo sul palco.

A volte mi sento con gli occhi puntati addosso (come chiunque faccia il mio mestiere) e preferisco che a questo punto si giudichi quello che scrivo, che canto e che mostro attraverso il lavoro. Ma a questo tengo in particolar modo: che chi mi segue e chi è interessato alla mia musica capisca questa volontà di non godersi le mete raggiunte e il volersi mettere in discussione e ricominciare un nuovo cammino.

«Il mio obiettivo è dimostrare che non sono solo “canzonette”. E non parlo solo per me ovviamente. Anche le canzoni più leggere possono cambiare qualche ora della vita di qualcuno che non conosciamo»

Laura Pausini

Senti di essere molto esigente con le persone che ti circondano come lo sei con te stessa?

Molto. Purtroppo per coloro che lavorano con me e di conseguenza vivono con me. Perché fare questo mestiere per me è una missione, un impegno nutrito dalla dedizione e dalla disciplina.

Indipendentemente dai risultati mi piace che le persone che lavorano con me credano nel progetto. Probabilmente la cosa più difficile è essere presenti e concentrati su quello che stiamo facendo, a livello di giorni, orari e disponibilità. Però credo che questo sia l’unico modo per lavorare perché la musica è una cosa seria.

Può rivoluzionare davvero la vita delle persone. Penso che la parte artistica debba essere puro istinto e pura arte, ma il lavoro che viene fatto perché la musica arrivi a tutti va preso con estrema serietà.

Qual è il tuo obiettivo finale?

Dimostrare che non sono solo canzonette. E non parlo solo per me ovviamente. Anche le canzoni più leggere possono cambiare qualche ora della vita di qualcuno che non conosciamo. Sono stata molte volte, in questi 30 anni, in ospedali che usano la musicoterapia per aiutare i pazienti. Penso di aver assistito ad una delle scene più commoventi della mia vita quando ho inviato un audio dove cantavo e parlavo a un ragazzo italiano in coma. Dopo pochi giorni si è risvegliato. È stato incredibile.

Non bisogna mai sottovalutare ciò che scriviamo e cantiamo. Ecco perché sono incapace di cantare solo come interprete. Scrivere un testo o collaborare alla sua evoluzione è fondamentale per me. Cerco anche di dare valore alle cose che riceveranno da me le persone che mi scelgono. Questa mi sembra la mia missione e questa è la ragione per cui sono arrivata fin qui.

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