Il ritorno di Matteo Berrettini: «Siamo nel 2024, ma c’è ancora uno stigma sulla salute mentale»
Il tennista, dopo gli infortuni, è pronto a tornare in campo. «Mi sento bene fisicamente e mentalmente. In questo periodo complicato mi ha aiutato parlare con altri sportivi, come Paolo Maldini e Alessio Sakara, e ascoltare musica hip pop»
Bisognerà aspettare poco meno di un mese, poi finalmente potremo rivedere in campo Matteo Berrettini. Siamo contenti noi e soprattutto è sorridente e sereno lui nel rivelarlo in conferenza stampa, collegato da Montecarlo dove si sta allenando. L’ennesimo infortunio arrivato agli ultimi US Open è stato una mazzata fisica per il tennista romano che si dice pronto a rientrare nel circuito: «Il momento difficile è passato, mi sento bene mentalmente e fisicamente. Ovvio c’è ancora un po’ di paura, ma come dice Rafa Nadal, è importante averne. Se non si hanno più dubbi e paure vuol dire che non si è più interessati». Durante l’incontro con i giornalisti Matteo Berrettini, oltre che del suo ritorno in campo all’Atp 500 di Phoenix, ha parlato anche di salute mentale e ha “ufficializzato” la fine della relazione con Melissa Satta.
L’infortunio e il periodo complicato
Il punto più alto della carriera di Matteo Berrettini finora è stata quella magica cavalcata a Wimbeldon 2021, conclusasi con la sconfitta in finale contro Novak Djokovic. Il suo obiettivo primario è tornare a competere ad alti livelli. Passo dopo passo riconquistare fiducia e forma fisica. «Se penso che non gioco il torneo di Roma da due anni, mi fa male il cuore. Per ora il mio sogno è quello di riuscire a tornare agli Internazionali» racconta il tennista.
Il periodo difficile vissuto da Matteo Berrettini è collegato ai suoi infortuni fisici che, non solo l’hanno tenuto fuori dal campo, ma gli hanno fatto perdere la serenità a livello psicologico. Un aspetto che nello sport, soprattutto nel tennis, è fondamentale. «Sono stati mesi complicati in cui non riuscivo più a fare quello che amo maggiormente: giocare a tennis e competere. Ho accettato un po’ meno questa cosa rispetto al passato. Non riuscivo a spiegarmelo. Tutto è sempre partito dal corpo. A un certo punto mi sono sentito stanco di dover superare questi problemi fisici e quindi sono andato giù. Come se avessi esaurito un pochino quel serbatoio di energia che mi spingeva a tornare più forte di prima. Mi sono trovato in una fase di stallo. Non mi potevo aggrappare all’energia fisica perché ero infortunato, ma neppure all’energia mentale perché non stavo bene neanche lì».
Matteo Berrettini e l’importanza della salute mentale
Se nella musica di salute mentale degli artisti si parla da pochi anni – l’ultimo esempio è la coraggiosa scelta di Sangiovanni – nello sport la consapevolezza è, per forza di cose, nata prima: per Matteo Berrettini c’è ancora qualche passo da compiere. «Nonostante siamo nel 2024, esiste ancora uno stigma, nel fatto di prendersi cura della propria mente e delle proprie difficoltà. Da qualche parte ho letto una cosa molto vera. Se uno si rompe un ginocchio o una gamba va immediatamente all’ospedale, se ci sono dei problemi di testa, al contrario, la prima cosa non è andare subito da uno specialista per cercare di capire quello che sta succedendo. Credo che invece sia una cosa molto fondamentale, soprattutto ai giorni d’oggi».
Matteo Berrettini, come la maggior parte dei tennisti professionisti, è seguito da un mental coach da quando aveva 17 anni. «Gli sportivi, così come gli artisti, sono sottoposti a un tipo di pressione diversa. Si è sotto i riflettori, quindi è tutto amplificato. Ogni tipo di aiuto è utile, per esempio il rap. La musica fa parte della mia vita e della mia routine, sia quando mi alleno, sia quando mi sveglio la mattina. Mi dà energia e mi fa rilassare. Ascolto principalmente hip hop, soprattutto recente. Ho tanti amici in quel settore».
A proposito di amici, Matteo Berrettini in questi mesi ha scoperto di averne molti. Non solo l’affetto dei tifosi che «è stato incredibile anche durante la Coppa Davis, anche se non giocavo», ma anche di altri sportivi. «Mi sono sentito con Paolo Maldini e mi ha aiutato molto, soprattutto a capire che ho ancora tanto da dare. E poi ho parlato spesso con Alessio Sakara. Lui è abituato agli infortuni, considerando il tipo di sport che pratica (è un lottatore MMA n.d.r.). Cerca sempre di trasmettermi la sua mentalità, ovvero che dalle difficolta scopri chi sei».
La ripartenza dopo due addii importanti
La ripartenza è essa stessa un cambiamento e quella di Matteo Berrettini riguarda sia la sua sfera professionale che privata. Da un lato la seprazione dallo storico coach Vincenzo Santopadre: «La decisione di non lavorare più insieme è avvenuta perché c’eravamo resi conto che avevamo bisogno entrambi di stimoli diversi. Se ti separi da una persona che è stata con te per 15 anni, con cui hai vissuto tutto il tuo professionismo, vuol dire che c’è proprio bisogno di un cambio di rotta».
Dall’altro la fine della relazione con Melissa Satta: «Abbiamo avuto un rapporto bellissimo, frutto anche di una grandissima stima l’uno per l’altra. Ringrazio Melissa per per quest’anno che abbiamo vissuto molto intensamente, nonostante tutte le difficoltà del caso, sia fuori che dentro al campo».
Se il sogno di Matteo Berrettini è tornare a giocare il torneo di casa sua, il nostro è di vederlo di nuovo ai vertici della classifica, magari a lottare in finale in un derby tutto italiano con Sinner. «Se dovessi rubargli qualcosa, gli prenderei la risposta al servizio. Il successo di Jannik non mi sorprende, perché fin da subito ho capito che aveva qualcosa di speciale, ed è una molla per me. Credo che sia questo uno dei segreti del successo che sta avendo il tennis italiano: ci aiutiamoe ci stimoliamo a vicenda». Bentornato Matteo.