Non di solo K-pop vive il mondo musicale asiatico
Esplorare la scena artistica dell’Asia significa oltrepassare il consolidato fenomeno del pop sudcoreano, scoprendo un vasto panorama di generi e artisti provenienti da tante altre parti del continente
L’Asia è un continente enorme e diversificato, con nuove scene e generi che spuntano ogni giorno: definire la musica asiatica solo attraverso il K-pop è un’idea folle. C’è un vasto panorama artistico tutto da esplorare oltre al pop sudcoreano, costituito da artisti che provengono da tante altre zone dell’Asia. Alcuni di questi protagonisti godono già di notorietà all’estero e tutti, comunque, credono fermamente che la corrente della musica asiatica non si esaurisca nel K-pop. Quindi, cosa c’è oltre?
Il rock coreano
La scena musicale sudcoreana si estende ben oltre gli idol group, offrendo una varietà di artisti appartenenti a generi diversi come rock, hip hop, soul, ballads e molto altro. Mentre i film hanno contribuito significativamente al rinnovamento del panorama cinematografico globale, la scena alt-rock sta svolgendo un ruolo analogo nell’ambito della musica asiatica, andando oltre i confini del K-pop.
Le origini del rock coreano risalgono agli anni ’50, quando i soldati americani, impegnati nella guerra di Corea, importarono la loro musica nel paese. «Con la presenza di molti soldati statunitensi – spiega Grace Jeong, direttrice editoriale del sito di cultura pop coreana Soompi – i musicisti locali suonavano rock per guadagnarsi da vivere». Oggi, la Corea del Sud vanta numerose band di musica rock alternativa, alcune molto conosciute all’estero, come i The Rose e gli FTISLAND. Quest’ultimi noti anche grazie al cantante del gruppo Lee Hong Gi, celebre attore di K-drama. «Inizialmente, quando sono entrato nel mondo dello spettacolo, il rock era in voga – afferma il cantante Gi – e il mio hobby era cantare con gli amici. Recitando in un drama, il regista, molto soddisfatto della mia performance, ha aggiunto una scena in cui cantavo. Dopo la messa in onda, sono stato contattato da molte agenzie».
Nonostante il rock fosse inizialmente di nicchia rispetto al pop, alle ballate e alla musica folk, ha gradualmente guadagnato spazio. «Quando si pensa al K-pop la prima cosa che viene in mente sono gli idol e la musica dance. Il nostro fascino sta nel fatto che siamo una band che suona dal vivo con un suono diverso da quello elettronico a cui la generazione attuale è più abituata» sottolinea Choi Min Hwan, batterista degli FTISLAND.
Oggi, i musicisti rock stanno ottenendo successo anche al di fuori dei confini nazionali. «Si stanno realizzando più collaborazioni con artisti coreani. Ho lavorato con diversi produttori stranieri che si dedicano a generi diversi. Sono stupito di vedere quanto stia diventando ampio il mercato della musica asiatica» aggiunge Gi. Questo nuovo successo si riflette anche nei concerti. «I fan occidentali non sono numerosi, ma sono molto appassionati» racconta Lee Jae Jin, attore e bassista degli FTISLAND. «Sono commosso quando memorizzano tutti i testi, nonostante non condividiamo la stessa lingua. È eccitante esibirsi perché sembrano sentire il ritmo senza preoccuparsi di cosa pensino gli altri».
Il K-pop ha aperto la strada ad altri generi nella musica asiatica
Il fenomeno Gangnam Style del 2012 ha rappresentato una svolta significativa, trasformando radicalmente l’immagine della musica sudcoreana nel suo stesso Paese. Prima del successo globale del K-pop, solo il 9% degli studenti intervistati da Yonsei e Korea University manifestava il desiderio di intraprendere una carriera nel mondo dello spettacolo. Nel 2012, questa percentuale è salita al 40%.
«Ritengo che il periodo d’oro per i gruppi di musica alternativa non sia ancora giunto – riflette Lee Jae Jin – a causa della predominanza degli idols. Tuttavia, in Corea esistono artisti eccellenti. Personalmente intendo continuare su questa strada, impegnandomi maggiormente per dimostrare che esistono molti altri generi musicali interessanti non solo in Corea, ma in tutta l’Asia». C’è anche chi auspica una maggiore vitalità creativa. «Forse è solo un’impressione personale, – riflette Choi Min Hwan – ma penso che attualmente manchi un po’ la diversità. Credo che, quando una canzone diventa popolare, altri artisti tendano a produrre musica simile. Spero di vedere più stili musicali che esprimano la propria individualità».
Le industrie musicali thailandesi
Mentre l’indie-rock coreano attira l’attenzione occidentale, in Thailandia sono le industrie pop e ballad ad attraversare un periodo di fioritura. Il Paese sta emergendo come un luogo significativo per scoprire nuovi suoni. «Grazie alle tecnologie e alla globalizzazione – spiega Arika, responsabile del marketing internazionale della Warner Music Thailandia – le culture asiatiche hanno la possibilità di emergere in modo significativo sulla scena globale. Il panorama della musica asiatica sta attraversando una fase particolarmente dinamica».
«Il K-pop è stata come una porta – dice la cantante del duo Luss – per introdurre le persone a una cultura asiatica che probabilmente non conoscono. Davanti a loro si apre un intero mondo fatto di una grande varietà di generi e stili musicali». All’interno delle case discografiche e delle agenzie la corrente musicale coreana è oggetto di analisi costante. «Il K-pop è un fenomeno di vasta portata – afferma Arika- nato grazie alla gestione delle risorse giuste. Non è certamente accaduto da un giorno all’altro, ma è stato il risultato di un lungo percorso strategico. Ogni obiettivo può essere raggiunto e sviluppato con il sostegno adeguato. Le ragioni del successo di un fenomeno sono molteplici e vanno oltre la sola sfera musicale. È necessario esaminare diverse influenze e fattori che circondano la scena musicale in un determinato periodo. Per esempio, l’evoluzione tecnologica, il contesto di vita delle persone, ecc.».
Il K-pop è considerato anche come uno stimolo verso il miglioramento. «Questa ascesa – spiegano i Luss – sta spingendo altri paesi asiatici a competere in termini di produzione, cercando di raggiungere gli stessi standard qualitativi».
Il prossimo obiettivo della musica asiatica è la “lingua originale”
Ora sembra che gli artisti asiatici non debbano più emulare il K-pop per ottenere successo internazionale. Possono invece tracciare la propria strada, preservando la propria identità e mostrando al mondo i loro suoni unici.
«Cerco di essere autentico il più possibile. – afferma il cantautore e attore thai Jeff Satur – Faccio musica senza preoccuparmi degli altri. Voglio creare qualcosa che sia veramente mio. Proseguo nel cercare nuovi suoni e nello sperimentare cose che la gente normalmente non farebbe». Le armonie distintive della Thailandia formano la base di ogni gruppo e cantante locale. «La cultura thailandese – raccontano i Luss – è molto orientata all’armonia. Noi siamo abbastanza ribelli e cerchiamo sempre di introdurre qualcosa di innovativo. Ad esempio, la nostra canzone virale è un mix di pop e samba. Durante le performance live, rielaboriamo l’intero brano, trasformando il secondo verso in una combinazione di hip hop e trap».
Alcuni artisti thailandesi hanno già conquistato il pubblico occidentale grazie all’integrazione di frasi in thailandese e inglese nelle canzoni. La speranza predominante fra i musicisti è che, in futuro, possano esprimersi e ricevere apprezzamenti nella loro lingua nativa. «Affermarsi nell’industria musicale occidentale può essere complesso – dice Jeff Satur – poiché è abbastanza distante da noi. Il mio ultimo singolo, Black Tie (il cui video è una collaborazione con la casa di moda Valentino), è in inglese. Eppure, quando una canzone proviene da un paese non occidentale, resta comunque musica thailandese… in inglese. La sfida più significativa consiste nel creare musica capace di raggiungere un vasto pubblico».
«Attualmente, vedo un’opportunità a livello mondiale di produrre musica che vada oltre l’inglese, portando con sé il proprio suono, la lingua e le radici. La mia musica è sempre legata alla cultura thailandese, spesso grazie all’integrazione di strumenti musicali tradizionali. Il nostro punto di forza risiede nelle radici, nel suono che ci ha accompagnato nella crescita, diverso da quello di altre nazioni. Ogni Paese possiede la sua unicità sonora» continua Jeff Satur.
Il futuro appare promettente in Thailandia. Il successo mondiale delle serie televisive sta amplificando ulteriormente i suoni della regione del sud-est asiatico. «L’intera scena musicale asiatica – spiega Jeff Satur – sta vivendo una crescita costante. Credo che nulla sia davvero impossibile se ci si dedica completamente al proprio lavoro. Penso che assisteremo a una crescente varietà di nuovi generi, con un aumento dell’ascolto di lingue diverse dall’inglese. Europei e asiatici, collaborando insieme, possono creare qualcosa di autenticamente innovativo».
Il rap e la musica indie in Cina
Fin dall’arrivo in Asia, l’hip-hop è stato un fondamentale veicolo espressivo nella comunità locale, emergendo anche nel K-pop come elemento insostituibile. C’è sempre un membro esperto di rap in ogni boy o girl band. Grazie a etichette di rilievo come 88rising e Def Jam Recording Southeast Asia, la scena rap asiatica ha guadagnato riconoscimento globale. In Cina, il genere ha oltrepassato i confini dagli anni ’90, inizialmente attraverso canali illegali e successivamente consolidandosi attraverso vie ufficiali.
Poco meno di un decennio fa, l’etichetta 88rising ha intrapreso un percorso per portare gli artisti asiatici al centro della scena hip-hop americana. Il loro festival di punta, Head in the Clouds, ha debuttato cinque anni fa a Los Angeles, guadagnandosi il titolo di “Coachella asiatico”. Numerosi artisti di spicco di 88rising, tra cui gli Higher Brothers, provengono dalla Cina. «Tra dieci anni – afferma Adan Kohnhorst, Associate Editor di Radii – ritengo che la maggior parte degli appassionati di rap in America sarà in grado di citare almeno due o tre artisti cinesi».
Oltre all’hip-hop, ci sono altri generi musicali provenienti dalla Cina che stanno cercando di affermarsi in Occidente, seppur in un contesto più di nicchia. «Con la nostra musica abbiamo scelto di sfidare le convenzioni – raccontano i membri della indie band The Either – utilizzando strumenti tradizionali cinesi (modificati). Le melodie e le parole della musica K-pop si legano strettamente alla vita quotidiana, al contrario, la nostra musica è intrisa di illusioni. Il nostro estetico richiama i personaggi animati, la nostra produzione musicale evoca sonorità tipiche dei film di fantascienza».
Anche in Cina, come nelle altre regioni asiatiche, si assiste a una costante mescolanza tra lingua inglese e locale. «Quando abbiamo fondato la band – continuano i The Either – abbiamo scelto New York come punto di partenza e l’inglese come lingua per le nostre canzoni. La motivazione risiedeva nel fatto che, avendo tratti asiatici, risultava più arduo far comprendere la nostra musica. Pertanto, abbiamo optato per l’inglese, pur mantenendo uno stile di scrittura ispirato alla tradizione cinese. Una sorta di crossover, insomma. Oggi, invece, abbiamo deciso di tornare a comporre nella nostra lingua madre».
Gli anti-idols e il rock giapponese
In Giappone, dove le vendite dei CD rappresentano ancora oltre la metà della quota di mercato, si respira un forte fermento nel metal e nel rock. Nella scena musicale di Tokyo, è emerso un contro-movimento guidato da gruppi ribelli come le Babymetal, pioniere del kawaii (“carino” in giapponese) metal. Con queste band è nata una nuova sottocultura musicale i cui artisti che ne fanno parte sono stati soprannominati anti-idol. I gruppi abbracciano sonorità più robuste, si esibiscono senza regole sul palco e sfidano le convenzioni degli idols.
Sul versante mainstream, troviamo il rock, considerato uno degli ambasciatori della cultura giapponese a livello globale. Collaborazioni significative, come quelle della band ONE OK ROCK con Ed Sheeran, Avril Lavigne e 5 Seconds of Summer, insieme a riconoscimenti internazionali come quello ottenuto da Yoshiki, leader degli X Japan e noto anche per le sue composizioni per i Golden Globes, evidenziano il crescente interesse dell’Occidente per il panorama musicale nipponico. Nonostante l’apprezzamento ottenuto all’estero, il passaggio di questi gruppi alla scena internazionale è avvenuto non senza difficoltà. «Per gli asiatici – dice il cantante degli ONE OK ROCK, Takahiro Moriuchi – è più difficile diventare famosi in Occidente. Dobbiamo comprenderci reciprocamente e parlare dei nostri paesi e delle nostre culture».
Per conquistare il pubblico occidentale, gli ONE OK ROCK hanno dovuto ampliare il loro stile e inserire più versi in inglese. «Quando mi sono trasferito in America 25 anni fa – racconta Yoshiki – gli USA non erano pronti per la musica asiatica, ma ora le persone sembrano apprezzare il pop e il rock dell’est. Finalmente, dopo tutti questi anni, il muro che c’è tra i due lati del mondo si sta assottigliando».
Il rock giapponese avrà un ruolo globale nel futuro della musica? «I nuovi artisti – afferma Moriuchi – devono adottare approcci creativi e innovativi per guidare il futuro della scena musicale nipponica. Il Giappone ha prospettive e mentalità uniche riguardo al rock, oltre ad una cultura che ci distingue dal resto del mondo».
Articolo di Ambra Schillirò