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Peggy Gou ha conquistato l’Italia con la semplicità di un “Nanana”

In cima alle classifiche di questa estate con un singolo che pare semplice, quasi banale. Eppure non lo è, proprio come la sua producer: la storia di Peggy Gou. DJ, cantante, imprenditrice di moda e discografica

Autore Silvia Danielli
  • Il22 Agosto 2023
Peggy Gou ha conquistato l’Italia con la semplicità di un “Nanana”

Peggy Gou, foto di Johngha Park

Peggy Gou alla conquista definitiva dell’Italia. Chiamatela summer vibe anni ’90, house balearica, struggente ricordo del cafè del Mar. Certo è più semplice raccontare (It Goes Like ) Nanana con una sensazione piuttosto che incasellandola in un genere. Quella vibe positiva che anche la DJ e producer coreana (che qui ha anche cantato) ha cercato di definire.

“C’è una sensazione che tutti conosciamo ma che è difficile da descrivere. Quella sensazione di amore, calore ed eccitazione quando si è circondati da amici e persone care e l’energia parla da sola. È difficile da esprimere a parole, ma per me significa ‘nanana!”, ha spiegato lei, vero nome Kim Min-ji, di Incheon, classe ’91.

Sembrerà tutto semplice. In effetti, il pezzo costruito e cantato da lei stessa, è piuttosto lineare, quasi banale. Ma funziona. Al momento è al 10 posto della Top 50 di Spotify Italia e al 7 della Top 50 UK, e cosa che stupisce ancora di più era al terzo posto dell’airplay radiofonico nella settimana che si è conclusa il 17 agosto. E poi è al primo posto (da un po’di tempo) nella classifica dei brani più cercati su Shazam in Italia. I suoi set nel nostro Paese sono affollatissimi, come quello al Kappa Futur Festival o quello al Parco Archeologico di Selinunte di settimana scorsa.

Del resto, non ci hanno forse insegnato che è la semplicità l’arma vincente? It Goes Like (nanana), primo pezzo di Peggy Gou per la prestigiosa XL Records, che anticipa l’album di cui non si conosce ancora la data di uscita, è quasi disarmante. Ma ottenere un suono piacevole e senza eccessivi orpelli non è facile. Come non è stato scontato per Peggy arrivare dove è ora. Soprattutto senza sentirsi accusata di essere aiutata da qualcun altro e di sfruttare la propria immagine, perché la sua bellezza è innegabile così come il suo gusto in fatto di moda.

La storia di Peggy Gou: da studentessa di moda a Londra a DJ

Peggy Gou inizia a studiare pianoforte da piccola, a 8 anni, e a 14 viene mandata in UK per studiare inglese. Ci torna a 18 per iscriversi a un corso di moda, appunto, al London College of Fashion ma dimostra ben presto di avere (anche) altri interessi. Va tutti i weekend a ballare, tra il Plastic People nel quartiere di Shoreditch e i Corsica Studios, a Elephant & Castle. Finché il promoter del Cirque Le Soir vede una sua foto su Facebook dietro a una consolle (ha imparato l’arte del djing da un amico in Corea) e le chiede se le interessa intraprendere questa carriera, offrendole una serata fissa al Book club (a East London). Il che potrebbe dimostrare la teoria dell’importanza dell’aspetto fisico nella professione ma Peggy Gou è più forte di qualsiasi teoria. Si mette di impegno a imparare a produrre con Ableton. E così viene bocciata alla scuola di moda.

I suoi genitori non reagiscono bene e le vietano di tornare in Corea senza aver terminato gli studi. Al Guardian la producer aveva raccontato che i suoi le fecero pesare il costo del corso e le chiesero di rimanere altri 2 mesi. In più le fecero notare che prima si diceva appassionata di moda e poi fosse spuntata la musica. “Che cosa ti inventerai poi?”.

Peggy Gou, la moda e il sogno del Berghain

Ma in effetti Peggy è davvero appassionata anche di moda. Diventa corrispondente da Londra per l’edizione coreana di Harper’s Bazar e in seguito, nel 2019, fonda anche un brand con l’aiuto del compianto Virgil Abloh: Kirin, che in coreano significa giraffa, il suo animale (e simbolo) preferito (e ai suoi set lei si ritrova sempre un sacco di giraffe formato peluche in regalo infatti).

Per approfondire il suo amore per la musica elettronica non può che trasferirsi a Berlino. Lì frequenta assiduamente il Berghain, tanto che pare che l’area da lei frequentata venga soprannominata Peggy Zone e inizia a sognare di poter esibirsi lì. Di giorno lavora per un negozio di dischi dove non nasconde i propri desideri che non vengono però capiti dal proprietario. “Mi diceva che non riusciva a capire perché volessi suonare proprio lì”.

Il 2016: anno della svolta

Nel 2016 Peggy Gou pubblica i suoi primi EP ma soprattutto riesce a coronare il suo big dream: è la prima DJ coreana a suonare nel club techno più famoso al mondo, il Berghain. Da lì è tutto in ascesa. Nel 2018 pubblica l’EP Once, in coreano, inspiegabilmente amatissimo e cantato da tutti ai suoi DJ Set. Come It Makes You Forget (Itgehane), inserito anche nella colonna sonora di FIFA 2019. Cresciuta con la prima ondata del K-pop, Gou definisce la sua stessa musica K-house: “Gli artisti coreani vorrebbero diventare europei ma ci sono moltissime cose positive anche in Corea, quindi rivendico questo termine per i miei pezzi”. Poi, aveva raccontato come anche a lei fosse capitato di apprezzare lo stesso le canzoni anche senza comprendere i testi. “Vedo tutti cantare anche se non sanno bene cosa e perché ma anche a me capita con i brani giapponesi. Comunque è una bella sensazione preziosa”.

Peggy Gou e tutti i festival più importanti: dal Coachella al Glastonbury

Da lì la DJ inizia anche a girare il mondo per tutti i festival più importanti. Coachella Festival, Primavera Sound Festival, Fuji Rock Festival, Tomorrowland, Club To Club, Kappa FuturFestival, Sònar, Glastonbury Festival. Finché nel 2019 fonda anche la sua label: la Gudu Records. E dà vita anche a un mini-festival boutique: il Pleasure Gardens a Londra (che si è tenuto anche quest’anno a inizio agosto). Sempre al Guardian Gou racconta di non voler raccontare gli aspetti negativi dello stare sotto etichetta altrui però ovviamente con la sua si sente più libera. E vuole mettere sotto contratto più donne producer possibili.

Peggy Gou non vuole definirsi femminista. “Non cerco termini troppo aggressivi. Vorrei solo che le donne si aiutassero di più tra loro perché nella scena elettronica esiste ancora il predominio maschile bianco”.

L’affaire “Daniel Wang vs Peggy Gou”

Per Peggy Gou però non fila sempre tutto liscio. I commenti sulle sue reali capacità di producer e DJ continuano ad aumentare sui social fino a che anche il DJ Daniel Wang, un tempo vicino di casa a Berlino, a inizio 2020 la attacca pubblicamente su Facebook con tanto di particolari molto personali. Il succo? Peggy è un’arrogante, piena di sé, anche cleptomane nel primo negozio di dischi dove lavorava, completamente incapace a livello tecnico.

I nuovi riconoscimenti: dai DJ Kicks a Forbes

Lei ormai pare abituata agli attacchi degli hater e non pare particolarmente scossa. Le viene affidato dalla iconica !K7 il compito di creare i suoi DJ Kicks. E così per la prima volta entra nella classifica di Billboard US raggiungendo la posizione numero 9 della Dance Chart. E Forbes arriva a inserirla nella lista dei nomi più interessanti under 30 per la sua attività di imprenditrice.

Insomma, Peggy va avanti per la sua strada, dritta come un treno e come le hanno insegnato i suoi genitori rigorosi. Ora non è più da sola con la sua etichetta ma si presenta sotto il cappello della prestigiosa XL Records. In attesa dell’album che probabilmente la consacrerà ancora di più nell’Olimpo della dance-pop. E tutto va. Proprio come un “nanana”.

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