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“Priscilla” di Sofia Coppola è una storia delicata di letti, pillole e (poco) rock’n’roll

Abbiamo rivisto, dopo la premiere al festival di Venezia, il biopic sulla storia d’amore tra Priscilla Beaulieu (Cailee Spaeny) ed Elvis Presley (Jacob Elordi), e indugiamo questa volta su alcuni dettagli stilistici scelti dalla regista. In attesa di vederlo tutti in sala dal 27

Autore Tommaso Toma
  • Il19 Marzo 2024
“Priscilla” di Sofia Coppola è una storia delicata di letti, pillole e (poco) rock’n’roll

Priscilla, il nuovo film di Sofia Coppola, sta finalmente per uscire al cinema. La settimana pasquale è quella eletta per la distribuzione italiana da parte della Vision Distribuition. Dopo aver letto il giudizio dei nostri amici di The Hollywood Repoter Roma che lo avevano visto a Venezia 80, anche noi ci siamo fatti un’idea più chiara.

In “Priscilla” c’è il classico tocco di Sofia Coppola

Il film parte subito con il tocco registico tipico di Sofia Coppola. Uno scivolamento dettagliatissimo sull’epoca evocata e una colonna sonora postmoderna. Con la camera la regista decide di indugiare sulla giovanissima Priscilla (Cailee Spaeny) attraverso alcuni dettagli iconici della fine degli anni 50. Un certo make up con l’abbondanza di mascara e hair spray, le riviste per teenager, i colori pastello dei vestiti, portati con una innocente sensualità. Questo insieme estetico ci fa ricordare certi lavori di William Eggleston. Non per niente il celebre fotografo è originario di Memphis.

Comunque, se siete amanti del processo iconografico che persegue Sofia Coppola ogni volta che si accinge a preparare un film, vi consigliamo Archive. Il bel volume dell’editore inglese MACK raccoglie aneddoti, fotografie, materiali di riferimento, corrispondenza, collage, documenti del dietro le quinte raramente visti per ciascuno degli otto film che ha diretto fino ad oggi la regista.

Le canzoni, tra omaggi a Phil Spector e una certà sensualità al femminile

La canzone scelta per aprire il film arriva dal 1980 – tanto per confermare gli oramai soliti détournement di significato che spesso Sofia Coppola applica ai suoi film – ed è Baby I Love You cantata dai Ramones. Musicalmente c’è un velato omaggio a questo grande produttore che però non ebbe mai a che fare con le canzoni di Elvis, (curiosità: fu Phil Spector a presentare a Elvis Mike Stone. L’istruttore di karate di Priscilla che in seguito divenne anche suo compagno nel momento in cui lei decise di lasciare Elvis). Come per esempio quando si sentono gli Spectrum, che fu il progetto lisergico e di Sonic Boom negli anni ’90 e che apertamente s’ispirava anche wall of sound inventato in studio da Spector.

In questo caso, il lavoro di scelta delle musiche ha dovuto anche attenersi alla mancanza dei diritti per le canzoni originali. Ma per la regista questo è un “non problema”. Avvalendosi del supporto del marito Thomas Mars dei Phoenix (deliziosa la loro versione di Venus di Frankie Avalon) e del grande Randall Poster, il suo solito procedimento per suggestioni e slittamenti spazio temporali è riuscito perfettamente.

Anche la scelta canzone finale del film, I Will Always Love you cantata da Dolly Parton, è una scelta ben precisa, quasi “politica”. «Un motivo per cui ho voluto fortemente questo brano è che per me era importante che alla fine del film ci fosse una voce femminile», spiega Sofia Coppola. «Inoltre, l’emozione del brano di Dolly coglie perfettamente il punto in cui è arrivata Priscilla, determinata a lasciare Elvis, sebbene ancora innamorata di lui. Era giunto il momento di lasciarsi alle spalle il sogno di Graceland e farsi una vita tutta sua».

Non c’è traccia del rock’n’roll di Elvis, quello primitivo o più elaborato, del periodo iper arrangiato. Il sound è molto più voluttuoso, rotondo. Potremmo dire più “femminile”. Dalle dolci orchestrazioni del duo inglese Sons of Raphael (amici dei Phoenix, li abbiamo visti come supporter della band a Milano) al sound lascivo di Crimson & Clover dei Tommy James & The Shondells.

La camera da letto di Graceland: una tana buia del desiderio e del confronto

Visivamente Sofia Coppola dipinge un’esistenza immersiva, deliziosamente affascinante – notevole il lavoro di Philippe Le Sourd, direttore della fotografia –. Ma anche una visione delicata di una giovane donna inserita in un contesto dove è costantemente definita da suo marito superstar. Il film prende ispirazione principalmente dalla biografia di Priscilla Presley, Elvis e io. E i momenti cruciali del rapporto tra Elvis (il bellissimo Jacob Elordi) e Priscilla si svolgono principalmente nella camera da letto della magione Graceland.

Una stanza – o meglio, una sorta di tana buia – del desiderio (sessuale, trattenuto per tantissimo) delle esperienze con le droghe (dalle pillole, all’LSD). Di definizione dei ruoli (i continui “comandamenti di Elvis su come deve essere una moglie) e delle insicurezze (le dipendenza di Elvis non solo dalle droghe ma anche dal “Colonnello”, il celeberrimo manager).

Mentre vediamo Priscilla trasformarsi da una lolita con i capelli cotonati a una donna più sicura di sé. Ecco, la biografia di Priscilla viene letta da Sofia Coppola seguendo una costruzione della personalità, di una identità femminile. Priscilla non è il miglior film di Sofia Coppola. Ma ancora una volta ci fa capire che solo lei e Wes Anderson oggi hanno la capacità di narrare il passato con un gusto unico e un tocco riconoscibilissimo. Quel tipo di impronta stilistica che fanno diventare un regista un autentico cineasta. E di cineasti oggi ne abbiamo davvero bisogno.

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