Travis Scott al Circo Massimo ha scritto una nuova pagina nella storia di Roma
L’anteprima mondiale di “Utopia” non poteva che essere colossale, tanto che nemmeno Kanye West ha voluto perdersela. Ecco com’è andato quello che è stato senza dubbio l’evento più importante dell’anno
Qualche giorno fa ci interrogavamo su cosa aspettarci dallo show che Travis Scott ha portato letteralmente a sorpresa al Circo Massimo a Roma. La scenografia sarebbe stata minimale o opulenta? Lo spettacolo sarebbe stato più simile a quello del 30 giugno a Milano o sulla falsa riga del suo mastodontico Astroworld Festival made in Texas? Per un’occasione così importante come l’anteprima mondiale di Utopia, il suo attesissimo quarto album che in una settimana di vita ha polverizzato tutti i record, ci sarebbero stati ospiti sul palco o Travis avrebbe voluto tutta la scena per sé? Beh, noi un paio di idee le avevamo, ma la realtà ha decisamente superato l’utopia.
Il fatto che un gigante come Travis Scott abbia scelto proprio l’Italia come epicentro da cui far esplodere il terremoto Utopia nel mondo (il concerto è stato trasmesso in live streaming in tutto il globo) sarebbe già un dato di per sé significativo per misurare il livello di importanza che un evento del genere abbia per il nostro Paese. Che ormai – dopo stasera – non ha davvero più nulla da invidiare al resto d’Europa per quanto riguarda i grandi nomi internazionali. Ma a Travis Scott essere epico non è mai bastato. Lui ha voluto entrare nella storia, e l’ha fatto in una città che ne sa più di qualcosa.
Travis Scott: «Siete i primi al mondo a vivere questa esperienza»
Se tutte le strade portano a Roma, è anche da lì che si diramano. «Benvenuti a Utopia. Siete i primi al mondo a vivere questa esperienza», dice con tono solenne La Flame prima di aprire il suo show con Hyaena, traccia che fa da apripista anche al disco. Con queste parole, Travis Scott suggella la sensazione di trovarsi di fronte a uno spettacolo che sin dal suo annuncio lampo ha avuto tutti i crismi per essere memorabile. «Ho prodotto Utopia per momenti come questo, è stato un lungo viaggio ma siamo qui».
Ed è per momenti come questo che 60mila persone si sono radunate in pochissimi giorni (i biglietti sono stati messi in vendita solo il 3 agosto) per assistere alla venuta di un novello gladiatore pronto a ergersi sulle rovine storiche – come la montagna che troneggia sul palco, dalla quale Travis ammira quello che stasera è il suo impero – per tendere a chissà quale nuovo universo.
Sul palco anche Kanye West
Ma in battaglia, si sa, non si può vincere da soli. Ed ecco allora che Travis Scott sfodera l’artiglieria pesantissima. Un’artiglieria che porta il nome niente meno che di Kanye West. Mentore musicale indiscusso del nuovo millennio al cui genio tutti coloro che hanno scelto come propria strada il rap devono qualcosa. Volente o nolente. E Travis non lo dimentica. «Non esiste Utopia senza Kanye West. Non esiste Travis Scott senza Kanye West», ribadisce di fronte alla folla oceanica che riempie il Circo Massimo e che è ormai in un’estasi senza pari.
I due insieme ci regalano Praise God e Can’t Tell Me Nothing, classico intramontabile di Ye annata 2007. Se il Circo Massimo avesse avuto un tetto, probabilmente in quel momento sarebbe caduto: Kanye entra, spacca, esce, ciao. Arrivato incappucciato dalle tenebre ritorna ad esse, facendoci chiedere se quella a cui ci siamo trovati di fronte non sia altro che un’enorme allucinazione collettiva. Come si suol dire, i miracoli accadono una volta sola, e stasera abbiamo avuto la nostra dose. Possiamo andare in pace, nel nome di Ye.
Non prima però di farci illuminare dalle lingue di fuoco che squarciano l’oscurità e di farci travolgere dall’entusiasmo di Travis Scott, che ha ancora un arsenale fornitissimo di hit da giocarsi, tra successi immancabili come Sicko Mode, Goosebumps, Highest in the room, Antidote, Gatti e le nuovissime tra cui Modern Jam (che Travis definisce la sua canzone preferita di Utopia e, dopo averlo visto eseguirla live, non abbiamo troppi dubbi sul perché), Sirens, I Know? e Thank God. E sapere di essere i primissimi al mondo a godere di questo spettacolo fa un certo effetto.
A Roma Travis Scott ha sprigionato tutta la sua potenza
Il misticismo che avvolgeva la figura di Travis Scott durante la tappa milanese raggiunge a Roma la sua apoteosi. Sarà il contesto millenario, sarà la portata dell’evento, ma c’è davvero qualcosa di ineffabile in quello a cui abbiamo assistito. Qualcosa che forse va oltre la musica (sebbene la sperimentazione in Utopia, soprattutto sonora – grazie al lavoro magistrale dei produttori coinvolti – si sia spinta ancora un po’ più in là rispetto ai dischi precedenti) e che c’entra qualcosa con l’imponenza del personaggio.
Come dicevamo già per lo show di Milano, la vera forza di Travis Scott è lo stesso Travis Scott. Una forza che se sul palco dell’Ippodromo La Maura si era forse trattenuta in alcuni momenti (con un intermezzo da cui si distoglieva facilmente l’attenzione), qui si è sprigionata in tutta la sua potenza e in tutto il suo magnetismo, rendendo ardua l’impresa di togliergli lo sguardo di dosso per cogliere ogni movimento.
La voglia di stare on stage e farsi colpire come da un pugno dal calore e dall’energia del suo pubblico è palpabile (tanto che per la gioia di tutti ci rimane più di quanto ci fosse stato comunicato all’inizio, e non è chiaro se sia un regalo a se stesso o a noi). Quella di mettere le ali a Utopia e farlo uscire a conoscere il mondo fuori è viscerale e straripante. E alla fine esonda. Eccome se esonda. E se etimologicamente parlando “utopia” è un luogo che non esiste, da stasera questo non-luogo non solo ha il suo monarca, ma anche i suoi abitanti. Un posto ideale dove poter gridare, ballare, lasciarsi andare come in un rito ancestrale collettivo e dove tutto diventa raggiungibile e non rimane solo un sogno. La cittadinanza onoraria? Ce l’ha data Travis.